Secondo Continental, lo sviluppo della guida automatizzata potrebbe facilitare l’integrazione fra auto e «ludico», ma la strada potrebbe rivelarsi ancora molto ma molto lunga, come suggerisce una recente iniziativa del MIT
È opinione di diversi esperti di automotive, che l’automobile – con l’avvento della guida automatizzata – si stia avviando a non essere più solamente un mezzo di trasporto da guidare ma anche uno spazio da utilizzare per fare anche altro, come riposare, leggere, mangiare e giocare.
A Gamescom, la più grande fiera al mondo interamente dedicata ai videogiochi e all’intrattenimento digitale che si svolge nell’agosto di ogni anno a Colonia, si è discusso sul futuro dei videogiochi e di come questi “possano rendere la guida più sicura”.
Alexander Klotz, Head of Research & Development della Divisione Interior di Continental e altri esperti automotive hanno esplorato opportunità e possibilità offerte dalla collaborazione sinergica tra l’industria dei videogiochi e quella dell’auto, con particolare riferimento ai veicoli a guida autonoma.
“L’automazione di guida – afferma Klotz – è un processo graduale e non immediato. Nei vari passaggi intermedi il gioco assumerà un ruolo importante nello sviluppo delle interfacce uomo-macchina. Il gioco, oltre all’aspetto puramente ludico, può rappresentare un elemento importante nella cabina di guida, mantenendo viva l’attenzione del conducente e aiutandolo a passare velocemente dalla modalità autonoma a quella manuale. Tuttavia, anche se con la guida automatizzata i compiti strettamente connessi alla conduzione del veicolo diminuiscono, il focus nello sviluppo di queste vetture rimane sempre sul guidatore”.
Secondo Maximilian Schenk, Managing Director di BIU, l’associazione tedesca dei videogiochi, ci possono essere grandi potenzialità da questa contaminazione: sono infatti moltissime le persone che giocano abitualmente ai videogame, non solo giovani ma anche over 50 con numeri in continua crescita, con un sensibile aumento dell’utilizzo di dispositivi mobili per giocare.
La questione è capire se e come computer e videogiochi possano trasformarsi da dispositivi pensati per intrattenere a strumenti in grado di favorire una maggiore efficienza e sicurezza di guida, grazie ad un sempre più diffuso approccio basato sulla cosiddetta «gamification», cioè l’applicazione di meccaniche ludiche ad attività che non hanno direttamente a che fare con il gioco.
Per coinvolgere attivamente il conducente anche a livello cognitivo, l’industria automobilistica ha bisogno di sviluppare nuovi approcci. Il gioco può ad esempio essere integrato completamente nell’interfaccia olistica uomo-macchina (Holistic Human-Machine Interface) e servire da «tutor» in grado di accompagnare il conducente nell’utilizzo del sistema di guida autonoma e di controllarne le condizioni attraverso dei sensori.
Le possibilità offerte dalle contaminazioni con i videogiochi sono molteplici: dalla realtà aumentata agli ologrammi, dagli Head-up display ai sistemi audio più performanti e alle grafiche ancora più realistiche, fino all’integrazione in auto di computer indipendenti dall’elettronica di bordo.
In ogni caso il focus dello sviluppo sarà necessariamente sulla sicurezza attiva e passiva, senza trascurare anche altri aspetti come infotainment, identificazione del conducente ed esperienza degli utenti.
Continental è al lavoro insieme al Nanyang Polytechnic Institute di Singapore per studiare e comprendere al meglio tutte le possibilità di integrazione dei giochi in un veicolo.
Vale a questo punto ricordare che recenti studi di alcuni Costruttori, in particolare giapponesi, da cui sono derivati dei prototipi, stanno affrontando il problema dell’auto come piattaforma interattiva in tema di social, proprio in funzione della mutata concezione dell’auto da parte dei giovanissimi (gli automobilisti dei prossimi anni, cresciuti a pane e pc); si tratta quindi di un continuo work in progress gestito da una pluralità di soggetti le cui conclusioni e proposte di soluzione dovranno essere messe necessariamente – nel tempo – a fattor comune per poter arrivare a qualcosa che si possa definire guida autonoma «sicura» realizzata su mezzi effettivamente in grado di decidere al posto del conducente e di interagire con altri mezzi simili e non (in una fase iniziale già in atto), sino ad arrivare alla sostituzione dell’intero parco circolante a guida diretta, alla creazione di legislazioni e di piattaforme assicurative adeguate ma a quel punto si potrebbe anche formulare ipotesi da «grande fratello» dove il controllo dell’auto viene sottratto al singolo conducente ed assunto, perlomeno su certe strade ed in certe condizioni, da un soggetto terzo super-partes (il gestore di un certo tratto autostradale, tanto per fare un esempio).
Si può facilmente capire quanta strada ci sia da ancora da percorrere prima di arrivare a creare un situazione complessiva ragionevolmente sicura, collegandosi al MIT, il prestigioso Massachusetts Institute of Technology, che ha ideato il «giuoco» Moralmachine (moralmachine.mit.edu) che si basa sulla scelta, che l’auto a guida autonoma deve effettuare in situazione di pericolo, di chi vive e chi muore (se un gruppo di pedoni, uno o più animali ecc. oppure gli occupanti dell’auto); questo giuoco, che in realtà serve per raccogliere dati che formeranno base di studio per il MIT, è articolato in 13 situazioni che necessitano di altrettante risposte su cosa sia meglio fare in ciascuna delle circostanze prospettate, non a caso il «giuoco» contiene l’aggettivo «moral» e vuole raggiungere, paradossalmente e provocatoriamente, l’obiettivo di arrivare a far ragionare l’auto – in certe situazioni di pericolo – come un essere umano i cui parametri morali e di concezioni del valore della propria e dell’altrui vita sono differenti da individuo ad individuo.
E allora? Beh noi la risposta non la sappiamo dare ma se questa esiste, ci riporta ad un’intelligenza artificiale capace di sensazioni umane: chi non ricorda il grande classico di Stanley Kubrick «2001 Odissea nello spazio» e la scena in cui HAL 9000, il supercomputer a prova di errore che gestiva l’astronave e l’intera vita al suo interno, ne commise uno, rilevando un guasto inesistente ed agendo di conseguenza; tralasciando il seguito, arriviamo al punto in cui HAL venne informato dal suo creatore, l’astronauta scienziato dott. Chandra, che sarebbe stato disattivato, in pratica condannato a morte?
Ebbene, questa intelligenza artificiale capace capire il labiale e di immedesimarsi nell’essere umano alla fine chiese: soffrirò? Ecco – «semplicemente» – il dilemma evidenziato dal MIT: a chi infliggere sofferenza e a chi evitarla? Come scegliere? Sulla base di quali parametri morali?
Quando un’auto a guida autonoma sarà in grado di agire correttamente in tal senso, allora il suo guidatore potrà anche rilassarsi e giuocare, ma sino ad allora, crediamo proprio che guidatore ed auto resteranno un tutt’uno in cui però il primo, sia pure come attività di vigilanza, rimarrà responsabile dell’attività della seconda come anche crediamo che di tempo, prima di trovare una soluzione moralmente soddisfacente, ne trascorrerà ancora parecchio…
[ Giovanni Notaro ]