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Testarossa: leggenda, evocazione, dinastia

Della storia della Ferrari, la Testarossa costituisce un pilastro ed una testimonianza indimenticabile. Un omaggio alla sua evoluzione…

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 Un coperchio delle punterie, un avanzo di rosso ed un meccanico estroso: si dice, infatti, che l’idea di dipingere di rosso i coperchi delle testate del motore della prima 250 Sport del 1957 fu di un meccanico che non sapendo cosa fare di un avanzo di vernice, la utilizzò in quel modo. '58_Ferrari_250_Testa_RossaIl Drake approvò (a Maranello non si muoveva foglia senza un suo placet) e così, semplicemente, nacque il nome di un’auto che nelle sue diverse evoluzioni avrebbe lasciato un segno importante prima nella storia dello sport automobilistico e poi nell’esclusivo mondo delle supercar.

In realtà a Maranello già nel 1954 i coperchi delle punterie dei modelli Mondial e Monza erano stati verniciati in rosso ma la definizione di Testarossa viene attribuita unicamente alla TR del ’57 ed alle sue successive evoluzioni.

La nostra esclusiva presentazione della Barchetta Baldini, esemplare unico al mondo «elaborato» su base Ferrari Testarossa monodado del 1987 (Ferrari Testarossa “Barchetta”. Magia d’autore!), ci dà l’opportunità di ripercorrere la storia di questo autentico mito a quattro ruote. 

Le origini: la 250 TR Sport dal 1957 al ’61 

Il presupposto: nel 1957 la CSAI (Commissione Sportiva Automobilistica Internazionale) modificò il regolamento sino ad allora in vigore, relativo alle vetture Sport, limitandone la cilindrata a tre litri. La Ferrari, come gli altri Costruttori dell’epoca, dovette adeguarsi ed il risultato fu appunto la Sport 250 TR che dal ’57 venne prodotta in versioni sempre più evolute, sino al 1961.

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● La tecnica: questa affascinante barchetta sport venne dotata del classico motore da 3 litri (esattamente 2.953,21 cm3) 12 cilindri a V di 60° a 2 valvole per cilindro, alimentato da una batteria di 6 carburatori doppio corpo verticali Weber 38 DCN, monoaccensione con un magnete ed uno spinterogeno per bancata. Il propulsore erogava ben 290 cv a 7.500 giri/minuto (poi accresciuti a 300) con coppia massima di 30,5 kgm a 5.500 giri/min.; il telaio era il classico tubolare a due grandi elementi centrali raccordati da traverse di rinforzo ed elementi laterali di minore diametro; il cambio era a 4 velocità + RM con frizione monodisco a secco (Fichtel-Sachs) e differenziale autobloccante ZF; le sospensioni erano anteriormente a ruote indipendenti, quadrilateri deformabili, molle elicoidali mentre per quelle posteriori venne adottato lo schema del ponte rigido con molle elicoidali ed ammortizzatori idraulici Houdaille; all’interno dei bellissimi cerchi a raggi Borrani, che ospitavano pneumatici Englebert 140×406 all’anteriore e 152×406 al retrotreno, si intravvedevano i freni a tamburo con comando idraulico; il serbatoio del carburante aveva una capacità di 140 litri; infine le dimensioni: passo 2,35 m; carreggiate: anteriore e posteriore rispettivamente 1,308 m e 1,3 m per un peso a secco che sfiorava gli 800 kg.

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● Il palmares: questa vettura si impose ovunque nel mondo e nelle più prestigiose gare internazionali. Nei suoi quattro anni di vita collezionò 7 primi assoluti, 15 secondi assoluti, 5 terzi assoluti, 9 piazzamenti dal 4° al 7° posto assoluto in gare come la 1000 km di Buenos Aires, la 12 Ore di Sebring, la Targa Florio e la 24 ore di Le Mans.

● I piloti: al volante delle diverse versioni della TR si alternarono i migliori piloti dell’epoca, dai fratelli Rodriguez a Lorenzo Bandini, da Phil Hill a Peter Collins, da Von Trips a Musso, da Hawarton a Munaron, e ancora Dan Gurney, Berluys, Morgensen, Berha, Allison per citare solo alcuni dei migliori.

● Le testimonianze. Giancarlo Baghetti così descrisse la sua prima impressione al volante della 250 TR: “….mi sembrava enorme, così lunga ed affusolata. Il rombo era assordante. Nell’inserimento in curva occorreva girare il volante con grande energia ed in anticipo per contrastare il sottosterzo. Se l’avantreno sembrava un macigno, il retrotreno risultava invece leggerissimo, ballerino e sensibilissimo ai colpi di acceleratore. La guida diventava un gioco di delicato equilibrio tra sovrasterzo e controsterzo”. 

La TR del ’57 oggi: 34 esemplari gli esemplari costruiti; sul mercato del collezionismo la Testarossa è probabilmente, dopo la GTO, la Ferrari più ricercata e quotata; nel maggio 2009 la quarta TR mai costruita, passò di mano a 9.020.000 euro, mentre nell’agosto 2011 un altro esemplare prototipo fu aggiudicato a 16,39 milioni di dollari.

Testarossa 1984-1996 

 Il contesto: la Ferrari svelò la Testarossa al Salone dell’automobile di Parigi del 1984; questo nuovo modello aveva il non facile compito di sostituire nel cuore degli appassionati, la 512 BB della quale conservava la meccanica, in produzione dal 1973.

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Lo stile: La vettura, disegnata da Pininfarina, aveva una coda larghissima caratterizzata da gruppi ottici rettangolari dissimulati da una serie di lamelle orizzontali; altro segno distintivo erano le grandi griglie laterali funzionali al raffreddamento dei due grandi radiatori ora collocati lateralmente subito davanti le ruote posteriori; per contro il frontale rispettava maggiormente la tradizione: la tipica calandra Ferrari serviva solamente il raffreddamento dei freni anteriori ed il condizionatore dell’aria; ai lati del cofano anteriore erano stati collocati i fari a scomparsa con doppio proiettore, una soluzione molto in voga all’epoca ma che disturbava la purezza della linea (e l’aerodinamica…) una volta estratti dalla posizione di riposo; forte il contrasto fra il notevole sbalzo anteriore ed il ridottissimo sbalzo posteriore, accentuato dalla coda tronca; infine i cerchioni stellari a cinque razze, prima monodado e poi a cinque bulloni, dal disegno tipicamente Ferrari che richiamava, nella produzione di serie, quelli da competizione montati sulle contemporanee Formula 1 e Sport.

Gli interni, decisamente lussuosi, rappresentavano un passo in avanti rispetto agli standard Ferrari e la vettura, pur con quelli che qualcuno definì i suoi eccessi, riscosse grande successo. Del tutto atipica l’iniziale soluzione del retrovisore esterno unico, collocato a metà del montante del parabrezza, lato guida, poi sostituito nel 1986 dalla più tradizionale ed efficace soluzione dei due specchietti esterni collocati questa volta alla base dei montanti.

La tecnica: la meccanica era quella della precedente 512 BB, ovviamente rivista ed affinata: il 12 cilindri a V di 180° di 4,9 litri, più leggero di 20 kg di quello della vecchia BB, ricevette nuove testate a 4 valvole per cilindro grazie alle quali la potenza salì a 390 cv a 6.800 giri/minuto, mentre l’impianto di alimentazione era a iniezione meccanica Bosch K-Jetronic con un gruppo per bancata, Nel 1989, però, per adeguarsi alle normative antinquinamento allora introdotte, venne montata la marmitta catalitica, che le fece perdere 10 cavalli. Grazie all’architettura boxer, che abbassava notevolmente il baricentro rispetto ad un più tradizionale 12 cilindri a V, il gruppo cambio a cinque rapporti sincronizzati e relativa trasmissione con differenziale autobloccante a lamelle, venne collocato al di sotto del propulsore. Il telaio era il classico traliccio di tubi a sezione tonda (quadra nella parte posteriore) mentre la carrozzeria, ad esclusione di portiere e tetto in acciaio, era interamente in lega leggera.

Come i cerchi anche le sospensioni, tutte a quadrilateri deformabili trasversali, erano di derivazione corsaiola. Per contrastare il maggior peso gravante sull’assale posteriore, vennero montati due ammortizzatori e relative molle coassiali per ogni ruota. La frenata era assicurata da quattro dischi autoventilanti da 309 mm identici, con pinze fisse a quattro pistoncini e senza ABS. I pneumatici, montati su cerchi da 16”, misuravano 225/50 davanti e 255/50 dietro.

Le prestazioni dichiarate: accelerazione da 0 a 100 km/h in 5,8 secondi; chilometro da fermo in 24,1”; velocità massima di 290 km/h.

La fuoriserie: ad un anno dalla presentazione Pininfarina realizzò una piccola serie di cinque esemplari di Testarossa Spyder dalla linea purissima, interrotta solamente dal parabrezza dai montati estremamente sottili; il cofano posteriore aveva perso le gobbe della berlinetta, ed era invece caratterizzato dalla presenza di numerose ma sottili feritoie per lo sfogo dell’aria calda. Il raccordo con la copertura del vano-capote era senza soluzione di continuità il che ne permetteva la “discesa” verso il posteriore in modo estremamente lineare. Una di queste – bianco perla – andò a Giovanni Agnelli che molti ritengono esser stato l’ispiratore di questa realizzazione.

La 512 TR del 1992 

L’estetica: prima evoluzione della Testarossa, debuttò al Salone di Los Angeles del 1992 con poche modifiche estetiche: erano infatti diversi la calandra trapezoidale con lo stemma del Cavallino e listelli cromati anziché neri, ed il fascione inferiore, ora dello stesso colore della carrozzeria, nel quale erano state inserite due prese d’aria maggiorate, in luogo di quella singola, per il raffreddamento dei freni e per il climatizzatore, ed è stato bordato da una sottile appendice aerodinamica in materiale composito nero. Posteriormente il cofano motore presentava una nuova griglia per l’estrazione dell’aria calda

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Nel complesso, la nuova 512 TR perdeva qualche spigolosità e diveniva quindi più morbida pur mantenendo grande aggressività.

Gli interni: totalmente rivisti e maggiormente abitabili: scompariva il tunnel centrale ed i sedili venivano abbassati per aumentare lo spazio in altezza. Il cruscotto aveva un profilo meno quadrato e gli strumenti sono più leggibili.

Meccanica e telaio: sostanziali le modifiche tecniche: il motore, grazie ad un nuovo impianto di iniezione Bosch Motronic M2.7 con iniezione e accensione integrate, alle modifiche a pistoni, albero motore, alberi a cammes valvole maggiorate e nuovi condotti d’aspirazione e scarico, erogava ora 428 cv e permetteva di toccare i 314 km/h accelerando da 0 a 100 km/h in 4,8 s. Il telaio venne adeguato alle nuove prestazioni con l’adozione di tubi d’acciaio di sezione maggiore rispetto a quella della versione precedente in modo da migliorarne sia la rigidità (+12,5% quella torsionale, +25% quella flessionale, -20 kg di peso) che la resistenza passiva. Riviste nella geometria e nei materiali (ora sono in alluminio) le sospensioni mentre l’impianto frenante era molto più efficace grazie a freni anteriori da 315 mm e posteriori da 310 mm, dotati di pinze in alluminio a quattro pistoncini. Dal 1993 il sistema antibloccaggio ABS disinseribile venne fornito come optional. Le ruote erano ora di grandi dimensioni: lasciati i piccoli diametri del passato arrivavano grandi cerchi da 18” con disegno stellare più sottile, con coperture da 235/40 all’anteriore e 295/35 al posteriore. Il cambio era sempre un 5 marce con differenziale autobloccante al 40% e con frizione rinforzata. 

La F512 M del 1994

Siamo all’ultima evoluzione della Testarossa, la F512 M, presentata al Salone di Parigi del 1994.

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Esterni ed interni: frontale rivisto per l’ennesima volta: calandra ridisegnata e fari non più a scomparsa come sulle serie precedenti ma a vista protetti da una carenatura in plexiglas, nuovo il disegno del cofano che, ora più morbido, ospitava due prese d’aria NACA per l’impianto di condizionamento; nuovi anche i fascioni paraurti ed i gruppi ottici posteriori (si perdono la griglia a lamelle ed i precedenti gruppi ottici rettangolari e ritornano le tradizionali luci doppie, circolari ora in piena vista). L’impianto laterale era sempre dominato dalle caratteristiche fiancate i cui passaruota ospitavano i nuovi cerchi componibili in lega d’alluminio dal nuovo disegno, sempre a cinque razze ma ad elica per favorire l’immissione di aria dall’esterno verso i gruppi frenanti.

Poche e solamente di dettaglio le modifiche agli interni: la pedaliera è stata realizzata in alluminio e, sempre ai fini del contenimento del peso, sono stati introdotti, sia pure come optional, i sedili in materiale composito più leggeri di 15 kg rispetto a quelli standard.

● La tecnica: La potenza del motore – grazie al rapporto di compressione salito a 10,4:1, alle nuove bielle in titanio e alle molle valvola a passo variabile – raggiunse i 440 cv a 6.750 giri/min. con una coppia di 500 Nm a 5.500 giri/min. e quindi la Casa, grazie anche ad una riduzione di peso di 60 kg, indicò l’accelerazione 0/100 km/h in 4,68 secondi, quella sul km da fermo in 22,7, ed una velocità massima di 315 km/h. Con queste prestazioni l’ABS divenne di serie ma venne lasciata la possibilità di disinserirlo.

Per un migliore comportamento stradale, le masse sospese sono state alleggerite adottando dischi freno forati ed ammortizzatori, pinze dei freni e fusi a snodo in alluminio. 

La F512 M ’94 oggi: rimane una delle Ferrari più ricercate, sia per i soli 500 esemplari prodotti, sia per essere stata l’ultima Ferrari a 12 cilindri contrapposti a montare posteriormente tale propulsore.

La F512 M uscì di listino nel 1996, per lasciar spazio alla 550 Maranello che rappresenterà l’inizio del nuovo corso maranelliano in vista del nuovo millennio: finisce nei modelli top l’impiego del motore posteriore che continuerà ad essere utilizzato sulle “piccole” 8 cilindri e, all’opposto, sui modelli di estrema nicchia come ieri la F50, la Enzo ed oggi LaFerrari; una sorta di modernizzato ritorno alle origini, come sarebbe piaciuto al Drake che difese ad oltranza questa collocazione sostenendo che i buoi tirano il carro, non lo spingono.

La serie Testarossa è stata prodotta in circa 10.000 esemplari: 7.177 Testarossa, circa 2.300 512 TR e circa 500 F512 M.

[ Giovanni Notaro ]