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Nel segno del Cavallino Rampante

Il Museo Caproni, a Trento, ospiterà sino al 12 aprile 2015, l’omonima mostra su Francesco Baracca

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L’avrebbe mai pensato la madre di Francesco Baracca, contessa Paolina Biancoli, che dicendo ad Enzo Ferrari (all’epoca pilota di Alfa) “metta sulle sue macchine il cavallino rampante del mio figliolo. Le porterà fortuna” avrebbe contribuito alla creazione di un mito universalmente conosciuto e che si avvia – dall’epoca di cessione del famoso emblema – al secolo di vita?

La domanda è ovviamente retorica e noi pensiamo, in termini realistici, che questo proprio non fosse il pensiero di una madre che, perso il figlio, ne voleva in qualche modo e per qualche tempo prolungare idealmente la vita; il destino volle che l’incontro con Enzo Ferrari perpetuasse la leggenda tanto dell’eroico aviatore quanto del geniale ed umorale costruttore emiliano; fatto sta che ancora oggi il famoso Cavallino Rampante di Baracca (nero come l’originale ma, come volle Ferrari, messo in risalto dal fondo giallo che è il colore di Modena) vola sulle strade e sui circuiti di tutto il mondo.

La Mostra

È una fra le più importanti esposizioni dedicate alla figura di quello che è stato universalmente definito il più grande «asso» dell’aviazione italiana e, conseguentemente, alle gesta – devastanti e romantiche – tipiche della Grande Guerra.

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Per questo evento di assoluto rilievo, che costituisce un appuntamento imperdibile per gli appassionati di storia, aviazione ed automobili, si sono mobilitate alcune delle istituzioni pubbliche e culturali più prestigiose, dal Museo dell’Aeronautica Gianni Caproni alla Provincia autonoma di Trento, dal Museo Francesco Baracca di Lugo (Ra) al Vittoriale degli Italiani ed ancora al Museo Nicolis di Villafranca.

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Questa mostra si rivolge non solamente ad appassionati e storiografi ma anche a giovani e giovanissimi che potranno godersi un percorso interessante che li riporterà all’epopea eroica delle ali in tela e carlinghe di legno vivacizzate dalla presenza delle più moderne tecnologie digitali.

E, a proposito di queste ultime, anche se i simulatori di volo attuali comprendono anche velivoli e situazioni relativi alla prima guerra mondiale, siamo convinti che non sia questa la tematica che più attira i ragazzi abituati ad relazionarsi con videogames di diverso tipo. Comunque potrebbe essere per loro interessante scoprire che «macchine volanti» come quelle esposte, venivano comandate da una cloche, due pedali e qualche manetta che, basicamente, sono ancora quelli di oggi e ciononostante effettuavano – ovviamente al ralenti – le medesime manovre che oggi effettuate a velocità ben diverse.

Se si fa per un attimo mente locale, ci si rende conto che la guerra aerea di allora – fermo restando l’orrore insito negli eventi bellici di qualsiasi epoca come dimostrato dalle circostanze della morte di Francesco Baracca come del «Barone Rosso»  von Richthofen e tanti altri assi della Grande Guerra – aveva comunque un volto umano. Gli aerei di allora, proprio per il fatto di essere lenti ed avere posti di pilotaggio a «busto in fuori», permettevano agli avversari di studiarsi direttamente e guardarsi negli occhi e da questo nascevano episodi quali il lasciar volar via, cavallerescamente, l’antagonista rimasto senza munizioni oppure lo stringere la mano al nemico sopravvissuto, come fece appunto il nostro eroe in più di un’occasione che a tale proposito affermò “è all’apparecchio che io miro, non all’uomo”.

Gesti nobili che le azioni programmate della guerra a distanza di oggi – fatta di elettronica, droni e obiettivi a lunga distanza – neppure contempla e la morte, ridotta ad un puntino che scompare dallo schermo, perde così tutta la sua drammaticità e le sue umane e negative implicazioni.

Francesco Baracca: le tappe principali di una vita straordinaria

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Nacque nel maggio 1888 in una famiglia più che benestante (uomo d’affari e proprietario terriero il padre Enrico, Contessa la madre Paolina de Biancoli). Ammesso nel 1907 all’Accademia militare di Modena ove conseguì il grado di sottotenente di Cavalleria, passò nel 1909 alla Scuola di Cavalleria di Pinerolo per un corso di specializzazione e nel 1910 venne assegnato al 2º Reggimento cavalleria «Piemonte Reale» di stanza a Roma distinguendosi per la vittoria al concorso ippico di Tor di Quinto.

Nel 1912 si fece assegnare all’aviazione, conseguendo, nel luglio dello stesso anno, il brevetto presso la scuola di pilotaggio di Bétheny in Francia. Distintosi per la padronanza del mezzo nel volo acrobatico, nel 1914 Baracca venne assegnato al Battaglione Aviatori, prima presso la 5ª e poi con la 6ª Squadriglia, per poi essere inviato, alla vigilia della 1° Guerra Mondiale, a Parigi dove si addestrò sul caccia Nieuport 10.

Nel luglio 1915, rientrato in Italia, passò al servizio attivo, iniziando con voli di pattugliamento per poi vedersi assegnato alla 70ª Squadriglia dove pilotò un Nieuport 11 «Bébé». Nell’aprile 1916 arriva la sua prima medaglia d’argento al valor militare grazie al suo primo abbattimento nei pressi di Medeuzza (GO) ai danni di un velivolo nemico che alcuni sostengono fosse un ricognitore Hansa-Brandenburg C, ed altri un biposto Aviatik; Baracca in quell’occasione pilotava un Nieuport 13.

Nel 1916 venne promosso capitano e dal ’16 al ‘18 abbatté 7 avversari individualmente e quattro in collaborazione; per questo gli furono assegnate altre due medaglie d’argento. Nel maggio del 1917 assunse il comando della 91ª Squadriglia, soprannominata «La squadriglia degli assi» perché costituita dai migliori piloti italiani da combattimento che Baracca scelse personalmente. L’unità aveva in dotazione il nuovo Nieuport 17 costruito su licenza dalla Macchi e su quest’aereo, ed in questa squadriglia, Baracca conseguì 30 vittorie e conseguì il grado di maggiore. Fu in quel periodo che Francesco Baracca dipinse il «cavallino rampante nero» in onore della sua arma di appartenenza, emblema che anni dopo la madre passò ad Enzo Ferrari.

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Nei primi mesi del 1918 la squadriglia venne equipaggiata con gli SPAD S.XIII con il quale Baracca riportò altre quattro vittorie. Messo a riposo, tornò in azione nel maggio 1918 e nel successivo giugno arrivarono prima la commutazione della sua ultima medaglia d’argento in oro e poi altre due vittorie che portarono il totale a quota trentaquattro in sessantatré combattimenti.

Pomeriggio del 19 giugno 1918 ultimo, fatale combattimento: l’oramai trentenne maggiore Baracca dopo aver compiuto la mattina una missione dalla quale il suo SPAD S.XIII uscì con il rivestimento in tela di ali e fusoliera danneggiato, decollò nel pomeriggio ai comandi del suo aereo di riserva, uno SPAD S.VII incontrando la morte nel corso di un’azione di mitragliamento a volo radente sopra Colle Val dell’Acqua.

23 giugno 1918: aereo e corpo vennero ritrovati sul Montello dal Capitano Osnago, (compagno dell’ultima missione), accompagnato dal Tenente Ranza e dal giornalista Garinei del Secolo di Milano. Il corpo di Baracca presentava una ferita da arma da fuoco sulla tempia destra ed ustioni in più punti mentre ali e carlinga dello SPAD S.VII erano carbonizzati, il motore e la mitragliatrice infissi nel suolo e il serbatoio forato da due pallottole.

26 giugno: le esequie si svolsero a Quinto di Treviso, alla presenza di autorità civili e militari e l’elogio funebre venne pronunciato da Gabriele D’Annunzio.

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C’è chi adombra la possibilità che Francesco Baracca non sia stato ucciso dal nemico ma si sia suicidato per evitare di morire arso vivo oppure di cadere nelle mani del nemico (cfr. – ad es. – http://www.linkiesta.it/francesco-baracca) ma noi preferiamo ricordare che nel corso del suo servizio attivo, Francesco Baracca abbatté un gran numero di aerei avversari. Il dato ufficiale è trentaquattro ma la cifra è controversa poiché alcuni sostengono che il numero reale fosse di trentatré mentre altri lo elevano a trentasei, fatto sta che, in ogni caso, ci si trova di fronte ad un incredibile rapporto duelli/vittorie superiore al 50% ed il dato fa perdere importanza a quello dell’uno od altro dissenziente). Quel che è certo che il suo valore venne sottolineato dall’attribuzione di titoli ed onorificenze quali un Cavalierato dell’Ordine militare di Savoia, una Medaglia d’oro, due d’argento ed una di bronzo al valor militare, una «Croix de guerre» con palma di bronzo (Francia), una Croce militare britannica, una nomina ad Ufficiale dell’Ordine della Corona del Belgio ed, infine, una Stella dei Karađorđević di IV classe (Regno di Serbia).

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Giovanni Notaro