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Le scatole nere: non solo controllo ma anche un servizio per la collettività e l’ambiente

Alla Camera dei Deputati nella Sala del Refettorio a via del Seminario la Tavola Rotonda su «Mobilità, sicurezza stradale, infrastrutture e ambiente. L’economia dei dati a servizio dell’individuo e della collettività»

Nel corso del Convegno organizzato dal Think Tank The Urban Mobility Council, promosso dal Gruppo Unipol, il 16 maggio alla Camera dei Deputati si è parlato di scatole nere, ovvero di quei piccoli dispositivi elettronici che possono essere installati sulle auto in occasione della stipula, o di un rinnovo, di una polizza assicurativa RC.

Questi dispositivi sono dotati di Gps con molteplici funzionalità: dal rilevamento di un incidente, al servizio salvavita; al servizio bodyguard che permette al cliente di essere scortato dal parcheggio fino a casa.

Ma non da ora queste scatole nere possono aiutare anche nella definizione delle politiche green in quanto in grado di monitorare l’occupazione di suolo pubblico, lo stile di guida ed i km percorsi ogni giorno e le tratte che il veicolo monitorato ha effettuato, tutti dati che possono contribuire alla determinazione del livello di inquinamento e dell’impronta digitale dell’auto.

Attraverso i dati delle scatole nere le Amministrazioni pubbliche potrebbero passare da politiche basate sui dati medi (es. motore EuroX) a politiche basate sui dati effettivi del singolo veicolo e questa possibilità potrebbe costituire, se gestita obbiettivamente e non strumentalmente (come talvolta accade nell’utilizzo degli autovelox ai fini di cassa più che di prevenzione) una vera e propria rivoluzione in particolare nella gestione degli accessi ai centri urbani, più inclusiva ed equa: basata cioè non solo sull’auto che si possiede, ma sui km che si percorrono, sul suolo che si occupa, sullo stile di guida.

Cosa inquina di più?

  • una vettura Euro 6 che percorre 20 o 30mila e più km l’anno o una supercar o una vettura d’epoca con 20 o 30 anni d’anzianità che percorre in 12 mesi si e no 2.000 km?
  • una diesel euro 6 final con dispositivi antinquinamento di ultima generazione o un benzina omologato Euro 6, per non dire Euro 5 o 4?
  • un diesel Euro 4 che percorre 5.000 km/anno o un Euro 6 che ne fa 40 mila?

A questa domanda potrebbe rispondere adeguatamente – oltre agli enormi progressi registrati negli ultimi anni in tema di anti-pollution efficacemente illustrati da Quattroruote (*) – proprio l’installazione di una scatola nera (**).

Tornando quindi a questo dispositivo vediamo le dichiarazioni dei diversi relatori.

Enrico San Pietro, Insurance General Manager di UnipolSai, azienda leader in Italia per numero di scatole nere applicate ai contratti assicurativi, il quale – aprendo i lavori – ha dichiarato: “Grazie agli investimenti in tecnologia, UnipolSai è riuscita a sviluppare un ecosistema di servizi per i clienti, con evidenti benefici in termini di sicurezza. L’Italia è il Paese europeo maggiormente all’avanguardia per la diffusione delle scatole nere, un’eccellenza tecnologica che abilita l’offerta di servizi innovativi e che potenzialmente può generare importanti vantaggi per la collettività”.

Il prof. Sergio Savaresi, Direttore del Dipartimento Elettronica, Informazione e Bioingegneria del Politecnico di Milano, ha presentato in anteprima una ricerca che, a partire dai dati delle Black Box, stima in modo puntuale l’effettiva impronta ecologica degli autoveicoli. A suo avviso: “Le moderne tecnologie telematiche consentono di passare dal concetto di Black Box a quello di Green Box, ossia un nuovo strumento per definire e classificare l’impatto ambientale di ciascun veicolo, superando il tradizionale concetto di appartenenza alla classe EuroX. È un approccio innovativo che consente alle amministrazioni pubbliche di pianificare politiche efficaci per la gestione del traffico veicolare e limitare l’inquinamento”.

Il Direttore Generale dell’Agenzia per l’Italia Digitale, Mario Nobile, ha dal canto suo sottolineato che: “Occorre un nuovo paradigma che renda efficiente e sostenibile l’utilizzo dei mezzi di trasporto, attraverso soluzioni che permettano la gestione dell’ecosistema mobility. L’approccio deve essere olistico e non solo data driven, basato sulle informazioni ricavabili dall’enorme mole di dati che vengono raccolti all’interno dei digital ecosystem dell’ambiente urbano. In quest’ottica, AgID, quale soggetto attuatore del programma di appalti d’innovazione, Smarter Italy, sta guidando il mercato dell’innovazione verso la realizzazione di soluzioni che potranno rappresentare la risposta più coerente al bisogno di un Sistema Paese realmente sostenibile”.

Il Direttore del Servizio Polizia Stradale, Filiberto Mastrapasqua ha sottolineato come “l’impiego delle più avanzate tecnologie sia di ausilio ad una mobilità più sicura sia sotto il profilo del contrasto di condotte illecite, relativamente al nostro specifico settore, che dal punto di vista della prevenzione dell’incidentalità stradale”.

L’incontro è stato moderato da Stefano Genovese coordinatore del Think Tank The Urban Mobility Council Responsabile Relazioni Istituzionali e rapporti con i MediaUnipol Gruppo Finanziario S.p.A. che ha commentato: “Le opportunità generate dall’economia dei dati hanno aperto nuove prospettive nell’ambito della mobilità con benefici indiscutibili per i singoli e la collettività. Solo un approccio decisionale non ideologico, ma basato sull’analisi oggettiva dei dati potrà consentire, tanto ai decisori pubblici nazionali e locali quanto ai privati cittadini, di fare le scelte più efficienti ed economiche per adottare una transizione nella mobilità che sia a misura di ciascuno e, proprio per questo, accettata da tutti”.

Hanno aderito, tra gli altri:

◘ per la Camera dei Deputati: gli On.li Federico Cafiero De Raho e Davide Bellomo, rispettivamente vice-Presidente e membro della commissione Giustizia; l’On. Stefano Graziano della Commissione Difesa; gli On.li Claudio Mancini e Gianmauro Dell’Olio della Commissione Bilancio; l’On. Andrea Casu della Commissione Trasporti; gli On.li Alberto Luigi Gusmeroli e Paola De Micheli, rispettivamente Presidente e vice-Presidente della Commissione Attività produttive.

◘ per il Senato: i Sen.ri Lorenzo Basso e Antonino Germanà, vice-Presidente e membro della Commissione Ambiente e Lavori pubblici; il Sen. Gianluca Cantalamessa della Commissione Industria.

Ha partecipato anche Chicco Testa e per Octo Telematics il Presidente Fabio Sbianchi. che ha ripercorso la storia dell’azienda, creata nel 2002, con risultati eccellenti e mantenendo sempre la leadership del settore.  

[ Tony Colomba ]

 

 

■ (*) Fonte: Stralci da:

https://www.quattroruote.it/news/tecnologia/premium/2021/05/03/motore_diesel_perche_ha_ancora_un_futuro.html

Debuttano il catalizzatore Lnt… Cinque anni dopo, con la normativa Euro 6, l’attenzione si è spostata sulle emissioni di ossidi di azoto, rendendo così indispensabile il ricorso a catalizzatori dedicati. Il più comune è quello ad assorbimento, detto Lnt (lean NOx trap) oppure DeNOx: l’efficienza di conversione non è ottimale, ma è semplice e compatto ed entra in funzione già alle basse temperature dei gas di scarico. Però, dovendo arricchire frequentemente l’iniezione di gasolio per rigenerarlo, i consumi e, quindi, le emissioni di anidride carbonica aumentano.

…e l’Scr. Il catalizzatore Scr (acronimo di Selective catalyst reduction, ovvero riduzione selettiva catalitica) è più efficace, ma anche più complesso e costoso, perché richiede l’immissione a monte dell’AdBlue, una soluzione di urea e acqua demineralizzata, da cui ad alta temperatura si forma l’ammoniaca che reagisce con gli NOx trasformandoli in azoto e acqua.

le diesel più recenti, che rispettano le norme Euro 6d (obbligatorie per tutte le auto nuove a partire da gennaio 2021), possono essere dotate di ben 5 depuratori, oltre che del filtro antiparticolato e del sistema di ricircolo dei gas di scarico (a bassa e ad alta pressione). Più in dettaglio, oltre al catalizzatore ossidante e a quello Lnt per gli ossidi di azoto, un primo Scr collocato vicino al motore entra rapidamente in azione. Poi, visto che l’efficacia di tale dispositivo si riduce drasticamente quando la temperatura dei gas di scarico supera 350 °C, un secondo Scr piazzato sotto il pianale e dotato di un proprio dosatore di AdBlue entra in gioco quando la vettura viene impiegata in autostrada, nelle salite o se traina un rimorchio, tutte situazioni che comportano una maggior richiesta di potenza al motore e un deciso riscaldamento dei gas di scarico. Infine, per abbattere le eventuali emissioni di ammoniaca che si possono verificare nei transitori, si utilizza un ulteriore depuratore dedicato, posto a valle dei catalizzatori Scr. Un sistema così complesso ha un costo assai elevato, che può essere pari a quello del motore: non c’è quindi da stupirsi se il diesel sta progressivamente scomparendo dai modelli di classe inferiore e anche da molte medie.

Le colpe dei vecchi (motori) si trasmettono ai giovani. Ma il declino del diesel non è soltanto una questione di costi. Anche se sono diventati estremamente puliti, infatti, i propulsori a gasolio scontano una cattiva fama che è stata costruita negli anni basandosi sulle fumate nere delle auto più vecchie, prive di filtro antiparticolato, e dal dieselgate. Cosa che ha portato al loro progressivo ostracismo dalle città e da intere regioni decretato dalle amministrazioni locali. Così, i privati che tengono l’auto a lungo si orientano verso altre soluzioni, per evitare di dover essere costretti a cambiare macchina anzitempo e poter circolare liberamente.

I pregi non mancano. Se però si ribalta il punto di vista e si evidenziano i vantaggi del motore a gasolio, si scopre che per molti è tuttora la scelta migliore. Innanzitutto, il maggior rendimento rispetto ai propulsori a benzina fa sì che il consumo e, quindi, le emissioni di CO2 siano inferiori. Ciò è più evidente nelle vetture grosse e pesanti, come le SUV e le ammiraglie. Inoltre, i bassi consumi si traducono in elevate autonomie, assai gradite in particolare da chi usa l’auto per lavoro. Le robuste coppie motrici garantite dalla sovralimentazione, poi, garantiscono prestazioni elevate e grande piacere di guida. Per questi motivi, i macinatori di chilometri, che tipicamente cambiano vettura dopo tre-quattro anni, dovrebbero restare in gran parte fedeli al diesel, che nei lunghi viaggi in autostrada dà il meglio di sé. Ma anche quando si arriva a destinazione, in città, l’impatto in termini di emissioni inquinanti di un’auto a gasolio di ultima generazione è trascurabile e può essere addirittura inferiore a quello di un paragonabile modello a benzina. L’abbiamo dimostrato con un test condotto nel marzo 2020 a Milano, utilizzando tre vetture dotate di Pems, lo strumento portatile di misura delle emissioni che s’impiega nelle prove Rde. Gli ossidi di azoto e il numero di particelle di particolato misurati sull’auto diesel in un percorso che si snodava nella metropoli lombarda sono risultati assai al di sotto dei valori ammessi dalle norme e inferiori a quelli della vettura a benzina provata nelle stesse condizioni.

Meno polveri allo scarico rispetto all’aspirazione. Non solo: grazie a due speciali strumenti identici, in grado di rilevare la concentrazione di particolato nell’aria, abbiamo misurato istante per istante il livello di polveri in quella aspirata dal motore e nei gas di scarico. A sorpresa (ma non troppo), il primo apparecchio ha misurato un maggior contenuto di polveri del secondo. La spiegazione è semplice: il filtro antiparticolato delle diesel ha un’efficacia così elevata che non solo trattiene le particelle prodotte dal motore, ma anche parte di quelle presenti nell’aria aspirata per alimentare il propulsore. In conclusione, il motore a gasolio oggi unisce alla tradizionale parsimonia nei consumi (e alla conseguente ridotta produzione di CO2, ulteriormente contenuta grazie all’ibridizzazione leggera) e al vigore tanto apprezzato dagli automobilisti anche un livello molto basso di emissioni inquinanti, pari se non inferiore a quello delle unità a benzina. Così, nonostante i limiti previsti per le prossime norme Euro 7, avrà ancora un futuro, certo non radioso come il recente passato, ma comunque garantito dai molti macinatori di chilometri che hanno sempre avuto nel diesel il miglior compagno di viaggio. In attesa di una soluzione altrettanto pratica, ma dall’impatto ancora più contenuto, come per esempio le auto elettriche alimentate da fuel cell oppure i combustibili sintetici, che azzererebbero le emissioni di CO2 di qualsiasi motore.

■ (**) Fonte: Stralcio da:

https://www.movein.regione.lombardia.it/movein/#/index

Il servizio Move-In

Il proprietario di un veicolo rientrante in limitazioni alla circolazione può aderire a Move-In (un servizio attivo in Lombardia, Piemonte ed Emilia Romagna) che consente ai veicoli meno virtuosi di circolare senza blocchi orari o giornalieri, rispettando solo un tetto massimo di percorrenza chilometrica annuale, calcolato in base alla tipologia e alla classe ambientale del veicolo.

Chi aderisce quindi al servizio si impegna a rispettare la soglia dei chilometri assegnati su base annuale, limitando, in tal modo, le emissioni inquinanti del proprio veicolo.

Uno stile di guida virtuoso che limiti il consumo di carburante sarà, inoltre, premiato con l’aggiunta di chilometri bonus alla soglia chilometrica annuale assegnata.

A ogni veicolo aderente al servizio viene assegnato un tetto massimo di chilometri che possono essere percorsi annualmente sull’intero territorio dei comuni che partecipano all’iniziativa, tranne che nei periodi di attivazione delle misure temporanee in previsione di situazioni di accumulo critico degli inquinanti.

Una scatola nera (black-box) installata a bordo del veicolo calcola i chilometri percorsi su tutti i tipi di strade, tutti i giorni dell’anno, 24 ore su 24.

Raggiunto il tetto massimo di percorrenza assegnato, il mezzo non potrà più circolare nelle aree soggette a limitazioni sino al termine dell’anno di adesione al servizio.

(Il tutto ovviamente soggetto a controlli)