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Burocrazia: gioco al massacro per il settore auto

L’on. Fabrizio Bertot, deputato europeo del PPE, incontra domani a Bruxelles l’on. Enrico Letta al quale proporrà di “Ridurre gli oneri burocratici per il rilancio del settore automobilistico italiano oltre che europeo”

A sinistra l'on. Fabrizio Bertot

A sinistra l’on. Fabrizio Bertot

L’on. Fabrizio Bertot, insieme ai suoi colleghi della delegazione italiana, incontra domani al Parlamento europeo il Presidente del Consiglio, on. Enrico Letta, al quale sottolineerà: “alla luce della recente approvazione del rapporto Cars 2020, sul rilancio della produzione automobilistica europea, intendo richiedere precisi ragguagli sugli interventi che il nostro Governo intende promuovere in tale ambito. Per il rilancio della nostra produzione e per migliorare la competitività dei prodotti italiani bisogna seguire gli stessi punti del documento europeo, considerando che la nostra produzione è, come nel resto d’Europa, un fattore di grande competitività, crescita e occupazione. Sarebbe fondamentale, a mio parere, una riduzione degli oneri burocratici e l’avvio di coraggiose riforme strutturali. Così come l’incentivazione di sistemi di mobilità innovativi, come il car sharing o la multiproprietà, e la razionalizzazione degli oneri fiscali che attualmente ricadono sulla produzione e sulla commercializzazione dei veicoli”.

In Italia, abbiamo infatti un doppio sistema di registrazione della proprietà degli autoveicoli. Nello specifico, una volta acquistata l’auto in concessionaria, occorre:

immatricolarla presso la Motorizzazione civile che rilascia quindi la carta di circolazione che riporta i dati identificativi dell’auto (numeri di telaio e di targa), quelli del proprietario e le caratteristiche tecniche del modello, tratte dal certificato di prima omologazione presentato dalla Casa costruttrice (costo dell’operazione 9 euro da versare al Ministero delle Infrastrutture);

richiedere al PRA (Pubblico Registro Automobilistico) il rilascio del foglio complementare, unico documento che attesti a chi fa capo la proprietà del veicolo (senza questo documento, per intenderci, è impossibile perfezionare la vendita dell’usato o dimostrare la proprietà dell’auto posseduta); costo dell’operazione 27 euro da versare al PRA per la prima volta (€ 13,50 il costo dell’eventuale duplicato)

Quindi i due documenti sono rilasciati da due enti diversi con spese vive doppie per l’automobilista! Ma non è tanto questo il disagio quanto quello subito dal contribuente per i costi – carico della collettività – inerenti ciascuno dei due enti:

MOTORIZZAZIONE

PRA

Uffici sul territorio 104 106
Dipendenti 3.300 3.000
Entrate (€ milioni) 372 192
Costi totali 236 145

di cui: costi del personale

146 n.d.
Formalità 36 12

“La fiscalità sull’automobile in Italia varia continuamente, dal punto di vista normativo ed economico, lasciando l’automobilista nell’incertezza sui costi legati al mezzo. La proprietà di un’autovettura intesa come bene mobile registrato e la corrispondenza tra polizza assicurativa e veicolo rende difficoltosa la gestione di più autovetture da parte dello stesso proprietario, complica la vita alla società soprattutto se di piccole dimensioni e rende praticamente impossibili sistemi di vendita articolati e moderni quali la multiproprietà e altre forme di locazione. L’automobilista tra balzi e balzelli è di fatto considerato il “bancomat” della pubblica amministrazione, sia dagli enti locali (multe, trappole, tasse e burocrazia), sia dalle concessionarie autostradali (pedaggi) o dallo Stato centrale (tasse). Il problema è che non vedo, da parte del Governo Italiano, alcun segnale di un netto cambio di rotta nella politica automobilistica tale da aiutare alla ripresa un mercato interno devastato da ingerenze e cieche ingordigie che ne impediscono o ostacolano lo sviluppo nei momenti di crescita e purtroppo, come in questi anni, concorrono a deprimerlo in un periodo di forte crisi”.

Per aiutare la crescita del settore e per adeguarsi ad una politica automobilistica europea, l’on. Bertot chiede al Governo di provvedere con urgenza a dare chiari segnali in controtendenza. E questo senza costi per la Pubblica Amministrazione, ma, anzi, riducendo gli sprechi di quella inutile burocrazia che grava sul bilancio dello Stato.

Senza contare gli autogol derivanti da fiscalità demagogica quale quella che ha portato all’istituzione del superbollo con relativa, obbligatoria autodenuncia al Ministero delle Finanze tramite invio del Modulo F-24 riportante l’importo del superbollo pagato.

I risultatati di questa ben poco lungimirante norma? A giugno dello scorso anno venne evidenziato che a fronte dei 170 milioni di euro di introiti programmati, il fisco ne avrebbe incassati solamente una sessantina; la sovrattassa ha distrutto – secondo l’UNRAE e non solo – il mercato delle auto con potenza superiore ai 250 cv, con conseguente perdita di IVA ed IPT e questo non solo sulle vendite del nuovo e sui passaggi di proprietà dell’usato ma anche sull’IVA non più dovuta a fronte degli interventi di manutenzione, dell’acquisto di pneumatici, pezzi di ricambio ed ancora in termini di minor introiti per il fisco derivanti dalla minore vendita di carburanti allo specifico segmento di mercato.

Nel solo 2012, invece, si è determinata una perdita complessiva, tra minori entrate fiscali e mancato introito, di circa 140 milioni di €, così suddivisa: per lo Stato 93 Mio € di gettito IVA e 13 Mio € di superbollo; per le Regioni 19,8 Mio € di mancato pagamento del bollo; per le Province 5,2 Mio € di mancata IPT e circa 9 Mio € di addizionale su RCA. (Fonte UNRAE); le associazioni ANFIA (produttori italiani), ANIASA (autonoleggio), Assilea (leasing), Federauto (concessionari), UNASCA (agenzie), UNRAE (costruttori esteri), evidenziano che “In definitiva l’addizionale introdotta, oltre a condizionare negativamente sia il mercato del nuovo sia il mercato dell’usato, ha prodotto effetti negativi per l’Erario, non solo in termini di entrate fiscali previste, ma anche di mancato introito di IVA, IPT e bollo, conseguente alla riduzione delle immatricolazioni e del parco circolante. Appare, quindi, opportuna e urgente l’abolizione della sovrattassa, anche al fine di fornire al mercato dell’auto un primo segnale di rilancio, che possa invertire la rotta negativa degli ultimi anni e che vada nella direzione di un alleggerimento della pressione fiscale sul comparto. Nonostante le evidenti difficoltà attraversate dal settore a causa della crisi economica, infatti, dal 2009 a oggi il carico fiscale sulla motorizzazione ha continuato a crescere, fino a superare, nel 2012, i 72 miliardi di Euro, pari al 17% del totale delle entrate tributarie nazionali e addirittura è degli ultimi giorni l’ipotesi di un ennesimo rincaro delle accise sui carburanti per scongiurare l’aumento dell’IVA, quando la componente fiscale del prezzo è già al 59% per la benzina e al 54% per il diesel “.

Non ultimo l’impatto sociale: molte concessionarie e rivendite di questo tipo di auto hanno chiuso i battenti con conseguente perdita di posti di lavoro da parte di mano d’opera e forza vendita altamente qualificate (si calcola che, solo nello scorso anno, 600 persone abbiano perso il lavoro a seguito della crisi innescata da questo provvedimento).

Ciononostante è proprio di ieri mattina la notizia, riportata dall’Adn Kronos, che, a seguito di indiscrezioni, illusorie a questo punto, circa il fatto che il Governo sarebbe pronto a cancellare il superbollo sulle auto più potenti, Palazzo Chigi ha ieri pomeriggio smentito tale ipotesi dichiarando testualmente che “Non è allo studio un provvedimento per l’abolizione del superbollo”; continuano tuttavia a circolare voci circa la revisione della tassazione.

Qui non ci si arrende neppure davanti all’evidenza!

Giovanni Notaro