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Martini Racing: la storia dello sport

Un grande ritorno direttamente in Formula Uno per lo storico marchio lanciato dal conte Gregorio Rossi di Montelera

Gregorio Rossi di Montelera

Il Gran Premio d’Australia di Formula Uno, al di là delle incognite dissipate (la moria dei propulsori che non c’è stata e la mancanza di duelli in pista che invece sono stati numerosi) conferma uno storico ritorno in forma importante, quello dei colori Martini Racing dopo 11 anni di assenza dai campi di gara e molti di più da categorie impegnate in campionati di velocità pura.

La sponsorship di Martini Racing ed il binomio da essa formato con le più famose Case automobilistiche mondiali ha connotato per un lungo periodo una parte importante della storia dello sport automobilistico dando inoltre un tocco del tutto particolare alla livrea delle auto che con tali colori correvano praticamente in ogni categoria. 

Formula Uno

Il legame con la massima formula inizia nel 1972, con il gemellaggio Martini-Tecno, ma dopo due anni di scarsi risultati (’72-’73), Martini si ritirò per rientrare full time nel 1975 assieme alla Brabham (BT44B), allora capeggiata da Bernie Ecclestone; il sodalizio resse dal 1975 al 1977 e le livree cambiarono in funzione delle motorizzazioni montate (nel 1975 i colori ed i loghi Martini decorarono, vista la presenza del motore Cosworth, un fondo bianco, mentre nel 1976/77, con l’arrivo del 12 cilindri Alfa Romeo il fondo divenne rosso).

Dopo un anno di stop, il 1979 vide il matrimonio Martini-Lotus. La factory inglese aveva messo in pista la rivoluzionaria “79” con la quale nel 1978 Mario Andretti aveva conquistato il titolo Piloti; il 1979 fu, al contrario, avaro di risultati ed il binomio a fine stagione si sciolse.

Dovettero passare ben 28 anni prima di rivedere, sia pure in forma ridotta, un logo Martini su una Formula Uno e più precisamente sulle Ferrari 2006; dopodiché saltiamo direttamente alla stagione corrente con il team “Williams Martini Racing” caratterizzato dal classico colore bianco della carrozzeria, che fa da base alle famose “strisce” Martini Racing rosse, azzurre e blu.. 

Le F1 sponsorizzate e relativi piloti

Tecno PA 123/1 (1972: Nanni Galli-Derek Bell); Tecno PA 123/5 e 123/6 (1973: Chris Amon); Brabham Ford 44 B (1975: Carlos Reutemann e Carlos Pace) e 45 B (1976/77); Lotus Ford “79” (1978: Mario Andretti e Ronnie Peterson) e “80” del 1979 che si rivelò stranamente un progetto errato (Andretti disputò solamente tre Gran Premi, mentre Reutemann si rifiutò semplicemente di pilotarla e le preferì il modello “79”); Ferrari 248 F1 (2006: M. Schumacher e F. Massa); Williams (2014: F. Massa e V. Bottas).

Mondiale Marche/Endurance (1968/1982) 

Questa categoria, negli anni 1960/1980, se la batteva alla pari, in popolarità e contenuti tecnici, con la F1 e Martini sponsorizzò case come Porsche e Lancia in maniera massiccia, sino ad associare direttamente, nella denominazione dei teams, il suo nome con quello della Casa costruttrice.

I 18 anni correnti dal 1970 al 1978 saranno caratterizzati dalla costante presenza del binomio Martini-Porsche: il 1970 è l’anno di esordio del Martini Racing Team nel Mondiale Sport nel quale entra dalla porta principale sponsorizzando due Porsche 917 in versione K ed LH. L’anno successivo il Martini International Racing Team vince la 24 ore di Le Mans, con la 917K dell’equipaggio Van Lennep-Marko, che oltre alla vittoria assoluta, fa suo il record di velocità sul giro e di percorrenza nell’arco delle ventiquattro ore (5.335,313 km); dal 1972 al 1974 la sponsorizzazione passa sulle nuove Porsche 911 RSR turbo ufficiali e dal 1974 anche le Porsche 908 ufficiali per il Mondiale Marche (piloti Muller e Van Lennep). Sempre nel 1974 viene deciso di sponsorizzare anche la 917 che correva nel Campionato europeo “Interserie”, caratterizzato da un regolamento tecnico particolarmente permissivo per proseguire negli anni successivi con le “derivate” dalla 911 (1974: Carrera SRS Turbo – 1976: 911/935 – 1978: 911/935 Baby e 935 aerodinamica “Moby-Dick” ) e con le Sport (1975: 908/04 Turbo – 1976/77/78: 936).

Nel 1981 radicale cambio di casacca: inizia il sodalizio Lancia/Martini che, fra Endurance e Rally, durerà un po’ meno dei 18 anni “Porsche” ma pur sempre 11 anni. Non si può certo dire che Martini Racing fosse un partner volubile! Nel Campionato Endurance 1981 i colori Martini andarono sulla Beta Montecarlo Turbo che divenne in quello stesso anno Campione del Mondo e poi, sino al 1985, sulla LC1 e sulla LC2. 

Rally-WRC 

Anche questa specialità rimase nel 1978 teatro del connubio Martini-Porsche la cui livrea caratterizzò la famosa 911 SC “Safari”. Dopo un biennio di riflessione ecco iniziare, nel  1981, la storica partnership con Lancia: durerà ben 11 anni, sia in pista che nel Campionato Mondiale Endurance, prima con la Lancia Beta Montecarlo Turbo Campione del Mondo 1981, poi sulla LC1 e infine sulla LC2 fino al 1985; sia nei rally – conquistando in totale 7 titoli costruttori nel Campionato Mondiale Rally – attraverso vetture come, la Lancia 037, la Lancia Delta S4 e infine la Lancia Delta HF in molteplici evoluzioni.

L’unione terminerà solo quando la Casa automobilistica di Chivasso si ritirerà dai rally iridati, nel 1992, ma la Martini Racing manterrà in vita il connubio costituendo una propria  squadra che avrebbe gestito le stesse Delta Integrali dell’anno precedente anche nel 1983, limitatamente al Campionato italiano rally.

Altro anno di break e, dal 1994 al 1996, rientro del logo Martini non più sulle vetture torinesi bensì sulla competitiva Ford Escort Cosworth (nel Campionato italiano Rally con Gianfranco Cunico) per passare poi – dal 1999 al 2002 – sulla carrozzeria delle Ford Focus WRC partecipanti al Campionato Mondiale Rally. 

Vetture “Turismo” 

Sempre nei primi anni novanta Martini connoterà con la sua inconfondibile livrea le straordinarie Alfa Romeo 155 V6 TI DTM nelle gare di vetture turismo del DTM condotte, fra gli altri, dagli indimenticati Nicola Larini e Alessandro Nannini. 

Nautica 

Tanto per sottolineare la vocazione universale del marchio, Martini Racing volò anche sull’acqua sponsorizzando nel 1973 e nel ’74 gli scafi offshore di Carlo Bonomi, che vinse entrambi i Campionati Mondiali. La sponsorizzazione prosegue nel 1975 sull’imbarcazione guidata da Carlo Bonomi e Cesare Fiorio.

Dopo una lontananza dal “mare” di due anni, Martini rientra nel 1978 sponsorizzando sino a tutto il 1981 gli scafi offshore di Guido Niccolai che cederà il testimone, nel 1982, alla coppia Cesare Fiorio-Giorgio Schon; sempre quell’anno Martini Racing decide di abbracciare la motonautica in circuito sponsorizzando in F1 il campione italiano Renato Molinari affiancato, l’anno successivo, dai piloti Vidoli e Wilson.

Dal 1987 al 1989 Martini torna all’offshore sempre con Renato Molinari che, nel frattempo, ha lasciato la F1. 

Un “capriccio” chiamato 917

Non tutti sanno che la mostruosa Porsche 917 è stata anche una vettura “stradale” e la “colpa” – se si può così chiamare la volontà (e la possibilità…) di dare sfogo alla propria passione – fu del conte Gregorio Rossi di Montelera, imprenditore piemontese titolare – guarda caso della “Martini & Rossi”.

La Porsche 917 del 1971 a Le Mans

L’auto era l’ultima 917 prodotta (telaio n° 030) che, dopo aver corso pochissimo, era stata trasformata in vettura laboratorio e, alla fine del suo lavoro, era stata parcheggiata in un capannone. L’imprenditore piemontese, appreso dell’esistenza di questo “fondo di magazzino”, chiese al reparto corse di Weissach agli inizi del 1975, di adattare l’auto all’utilizzo su strada per poterla poi acquistare.

La richiesta, alla quale probabilmente proprio non si poteva dire di no, venne accolta e quindi i tecnici di Weissach montarono due specchi retrovisori esterni, provvidero a “silenziare” gli scarichi diretti (impresa titanica facilitata comunque dal fatto che, all’epoca, non si doveva sottostare alle attuali e giuste regole anti-pollution) dipinsero nel classico argento Porsche questa loro creatura e la immatricolarono negli USA dopo aver inutilmente tentato la strada dell’omologazione in Europa. Altro particolare simpatico da ricordare è che l’auto dovette essere munita di un regolare libretto “uso e manutenzione” che riportava fra l’altro l’intera storia di questo particolare esemplare.

La Porsche 917 stradale

Nel pomeriggio del 28 aprile 1975 (e qui la data è certa) il conte Rossi e il suo segretario personale uscirono dai cancelli del “Centro Ricerca e Sviluppo” di Weissach direzione Parigi. Destinazione raggiunta la sera dello stesso giorno senza alcun intoppo, il che non meraviglia considerando la capacità e la pignoleria dei tecnici tedeschi, ma comunque colpisce se ricordiamo che l’auto era spinta da un 12 cilindri boxer raffreddato ad aria da 5 litri di cilindrata e con 620 cavalli di potenza il che, tradotto in prestazioni, significava un’accelerazione 0/320 km/h in 13 secondi, tempo considerato sino agli anni ’90 del secolo scorso ancora accettabile ma sullo scatto 0/100 km/h…

Fantasie di altri tempi (anche se oggi si potrebbe sempre tentare la scappatoia dell’omologazione in esemplare unico) che giusto un potere di spesa del tutto particolare poteva a quei tempi permettersi.

Trasportate ora l’iniziativa nel nostro Bel Paese ai giorni nostri: ve l’immaginate la reazione di qualcuno o qualcosa – probabilmente uno squalo bianco informatico – che ricevesse il famigerato modulo di autodenuncia F24 (*) relativo ad un’auto del genere? Nel 1975 il conte Rossi telefonò a Weissach per confermare l’assoluta mancanza di guai sulla sua 917 stradale, oggi invece dovrebbe telefonare al suo commercialista preavvisandolo di possibili problemi in arrivo, se non altro sotto forma di tempo perso e costi della burocrazia…

Giovanni Notaro

(*) L’introduzione del superbollo e relativo modulo F24, ha causato di fatto il crollo del mercato delle supercar: meno 60-70% le immatricolazione del nuovo, quindi niente incassi di IVA, balzelli locali e tassa di possesso, anche questa 140 milioni di euro in meno rispetto all’incasso incautamente previsto, chiusura di numerosi punti vendita e perdita di 600 posti di lavoro ad alta specializzazione; non parliamo poi delle ulteriori perdite del fisco sui lavori di officina e consumo carburanti… un’operazione demagogica ed autolesionista di rara efficacia.

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