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L’Alfa Romeo ed i Raid della fratellanza e della pace

Matta e Giulia protagoniste in tempi diversi di importanti «traversate» terrestri 

Se la Fiat con la Campagnola ha legato il suo nome al record ottenuto nel percorso Città del Capo-Algeri (vedi articolo AR 51 Fiat Campagnola) l’Alfa, con i vari raid compiuti nei luoghi più ostici del pianeta ed in periodi sostanzialmente diversi, non è poi stata da meno.

Sempre della versione AR 51 (sigla del bando emesso nel 1951 dall’Esercito italiano e poi vinto dalla Fiat) 116 furono inizialmente vendute ad acquirenti civili mentre altre Matta, radiate dall’Esercito ma ancora valide, vennero acquistate sempre da privati e tra questi spicca il nome del Conte Leonardo Bonzi di Milano che divise la Matta in più di un’occasione con un altro celebre viaggiatore, l’aviatore e giornalista Maner Lualdi. 

Matta: Sud America (aprile/luglio 1952)

Leonardo Bonzi, assieme a Maner Lualdi, Mario Craveri, Gian Gaspare Napolitano e Giovanni Raffaldi, utilizzò due Matta ex E.I. per effettuare una lunga spedizione in Sud America con il preciso obiettivo di aprire una nuova via di comunicazione dall’Oceano Atlantico all’Oceano Pacifico. Nell’occasione Maner Lualdi realizzò il bellissimo documentario «Magia Verde» vincitore di un premio speciale al Festival di Cannes del 1952; il raid durò da aprile a luglio del 1952 e si svolse su oltre 7.000 chilometri di strade inesistenti, paludi, montagne e zone disabitate del continente sudamericano.

Le due auto, ciascuna provvista di rimorchietto, attraversarono il Sud America da est ad ovest, con partenza da Rio de Janeiro, in Brasile, attraversando il Mato Grosso, in piccola parte l’Argentina, il Paraguay, la Bolivia per superare infine la Cordigliera delle Ande e raggiungere il Perù; il tutto condito da un clima che andava dal caldo umido tipico dei Tropici al freddo secco delle cime andine. L’unica assistenza esterna fu quella di un velivolo monomotore che precedette le due auto all’arrivo di ogni tappa con i rifornimenti in particolare di viveri; raggiunte le Ande le due Matta dovettero proseguire da sole in quanto il territorio non presentava spazi sfruttabili per gli atterraggi del piccolo aereo. 

Matta: Polo Nord (primavera 1953)

Nel 1953 un esemplare della versione AR 51, dotato di un hard top appositamente studiato, venne impiegato come veicolo appoggio al raid artico effettuato da Maner Lualdi per ricordare il 25° anniversario del sacrificio di Roald Amundsen, scomparso assieme ai suoi compagni nel Mare di Barents mentre cercava di soccorrere i naufraghi del dirigibile «Italia».

I mezzi della spedizione erano un «Girfalco» (velivolo monomotore biposto da turismo costruito da Ambrosini, mosso – tanto per essere coerenti – da un 4 cilindri Alfa Romeo da 158 cavalli) ed una «Matta» con rimorchio su cui vennero caricati sacchi a pelo, tenda, tute di volo artiche, viveri, medicinali, pezzi di ricambio, cineprese e macchina fotografiche e da scrivere.

Il Piano di viaggio prevedeva che la Matta anticipasse in ogni tappa la partenza del Girfalco in modo da far coincidere l’arrivo di entrambi a conclusione tappa. Superato il Circolo Polare Artico la Matta venne sostituita sul ghiaccio da un cingolato «Smobil» mentre l’assistenza su acqua veniva assicurata da tre piccole e robuste navi per la caccia alle foche (a quel tempo cacciatori pochi, foche tante, scrupoli assenti).

Il 19 giugno 1953 il monomotore biposto«Girfalco», con un volo effettuato in condizioni meteorologiche fortemente avverse, fece un’unica «tirata» di ben  3.000 chilometri (partenza e rientro dalla/alla base di Bardufoss in Norvegia) per lanciare dei fiori sul punto del Mare di Barents (parte del mar Glaciale Artico,  localizzato a nord della Norvegia e della Russia) dove Amundsen e compagni erano, purtroppo, venuti meno.

 

I «Raids automobilistici della fratellanza e della pace» 

Matta e Giulia: assieme da Roma, Città del Vaticano, a Pechino (1968)

Fu, questa, un’altra impresa considerevole organizzata da Maner Lualdi. La spedizione era composta da due Alfa Matta in appoggio a quattro Giulia Super; le 6 auto attraversarono complessivamente 24 Paesi (*) percorrendo oltre 27.000 chilometri in parte su asfalto e in buona parte su piste appena tracciate e sterrati spesso percorsi con tempo pessimo: un ulteriore e probante collaudo per le quattro Giulia, che i componenti della spedizione battezzarono le «Giulia dei Miracoli», forse parafrasando il felliniano «Giulietta degli Spiriti» del 1965, ed una conferma in più della validità delle due anzianotte Alfa Matta ex Esercito Italiano.

Queste erano state «preparate» per il raid montando all’esterno dei supporti per alcune taniche, due serbatoi supplementari fissi e due hard top metallici; all’interno vennero attrezzate come officine mobili e trasporto ricambi destinati tanto alle Giulia Super quanto alle stesse Matta mentre sembrerebbe, stando allo specifico Registro di Marca, che la sola modifica al motore sia stata la sostituzione della dinamo con un più moderno ed efficace alternatore.

(*) Italia, Francia, Belgio, Germania, Polonia, Russia, Romania, Bulgaria, Turchia, Libano, Siria, Giordania, Iran, Iraq, Afghanistan, Pakistan, Bangladesh, India, Tailandia, Cambogia, Birmania, Viet-Nam, Hong Kong e Cina.

Giulia: da Shangai a Milano (inverno 2010)

Questo Raid promosso dall’Alfa Romeo e dalla Scuderia del Portello con il sostegno del Rotary International, della Regione Lombardia e della Provincia di Milano, ha riproposto, a percorso inverso, il raid Roma-Pechino, di cui al paragrafo precedente, ed è stato voluto sia per raccogliere fondi a favore del progetto «End polio now» (piano di vaccinazione infantile contro la poliomielite) e sia per costituire un ideale ponte tra la conclusione dell’EXPO di Pechino 2010 e la futura EXPO 2015 di Milano oggi, tanto per non smentirsi agli occhi del mondo, nella bufera scandalistico-giudiziaria.

Protagoniste del raid (Shangai 18 novembre 2010 – Milano 18 dicembre) sono state due «Giulia Super I Serie» del ’67, una «TI Super» del ‘70 ed una «Super» del ’72 che hanno percorso 13.000 chilometri in 35 giorni attraversando Cina, Mongolia, Russia, Ucraina, Moldavia, Romania, Bulgaria, Serbia e Croazia e…Nord Italia; l’assistenza è stata assicurata da due nuove (al tempo) Alfa Giulietta ed un camion Iveco con i colori della Scuderia del Portello.

Fra i nomi dei 12 partecipanti spiccavano quelli del Presidente della Scuderia del Portello Marco Cajani, Valerio Prignachi Presidente CSAI Brescia, Raffaele Cucchi vice-Presidente della Provincia di Milano. Un filmato del passaggio a Brescia è visibile digitando http://www.bresciaoggi.it/videos/649_servizi/7102/. 

Raid successivi

Dal 2011 al 2015 il programma promozionale ed umanitario della Scuderia del Portello si sarebbe dovuto estrinsecare con l’organizzazione annuale di un raid della Fratellanza e della Pace in diverse parti del mondo, a partire da quello che dal 18 al 25 giugno 2011 ha toccato, partendo da Toronto con arrivo a New York, Niagara Falls (Canada), Detroit, Chicago, Indianapolis, Columbus e Washington.

Su questo raid si sono lette dettagliate notizie circa organizzazione, sponsors, obiettivi e mezzi partecipanti (4 Giulia Super, 1 vettura per fotoreporter e giornalisti ed un furgone con 2 meccanici) sino ad arrivare alla notizia della sfilata delle vetture nel giorno della cultura italiana – Italian Heritage Day – all’interno del Rogers Stadium di Toronto in occasione di una importantissima partita di Football americano i cui spettatori hanno potuto godere per qualche minuto del concerto prodotto dai 4 bialbero Alfa. Ciliegina sulla torta la messa in palio, come primo premio di una lotteria benefica, di una Giulia già partecipante ad altro raid della specie.

Le foto disponibili su http://www.italiani.ca/index.php?pr=z11061801 – che si riferiscono al «Raid automobilistico della fratellanza e della pace» del 2011 in Canada, ritraggono i momenti precedenti alla sfilata delle auto allo stadio e la sfilata stessa ma, benché il raid sia stato inserito nel palmarès della Scuderia del Portello, del suo effettivo svolgimento ed epilogo siamo riusciti a trovare pochissime tracce nel mondo del web.

L’edizione 2015 avrebbe visto – o forse vedrà – il giro delle Capitali europee con arrivo a Milano.

Bonzi e Lualdi: due protagonisti su tutti

I due compagni d’avventura furono a tutti gli effetti due personaggi del tutto particolari, portatori di interessi in gran parte comuni, dotati entrambi di forte eclettismo e disposti a mettersi continuamente in giuoco; praticamente coetanei, lasciarono tracce ancora oggi ben visibili nei diversi campi di azione nei quali si cimentarono.

Il Conte Leonardo Bonzi, (1902-1977) si distinse come pilota militare guadagnando – in oltre 2.000 ore di missioni di guerra – 1 medaglia d’oro al valor aeronautico, 4 medaglie d’argento ed una di bronzo al V.M., una croce di ferro ed una decorazione inter-alleata; due volte Campione italiano sia di tennis che di tiro al volo, fu olimpionico di sci e si cimentò con successo in più professioni: fu avvocato, scrittore, costruttore edile, giornalista ma due su tutte furono le passioni dominanti, il cinema e le esplorazioni.

Sposando in seconde nozze la bella e notissima attrice Clara Calamai, Bonzi si avvicinò al mondo della celluloide diventando produttore e regista di documentari e mettendosi anche in società con Carlo Ponti; la sua strada si incrociò con quella di Maner Lualdi con la cui collaborazione realizzò nel 1951 «Una lettera dall’Africa» mentre con il Continente perduto (1955) vinse il Premio Speciale della Giuria al Festival di Cannes e la Grande Placca d’Argento al Festival di Berlino.

Finanziò inoltre il documentario «Magia verde» (1952) di Gian Gaspare Napolitano e «La muraglia cinese» (1958) di Carlo Lizzani, con cui vinse nel 1958 il David di Donatello come miglior Produttore, ma questi non furono i soli premi che caratterizzarono la sua esperienza cinematografica. Ricordiamo infine che nel 1974 passò dall’altra parte della macchina da presa recitando ne «La gran ventura» (1974) di Emilio Vierya.

L’altra sua grande passione fu l’esplorazione e lo dimostrò partendo nel 1937 in viaggio di nozze con la prima moglie, Elisa Lentati, per l’Afganistan, al volante di una Lancia Aprilia (poi esposta al primo Salone dell’Auto di Torino) con la quale percorse oltre 11.000 chilometri; del Raid in Sud America, come abbiamo già scritto, fu poi a capo di 8 spedizioni geografiche in zone allora raggiungibili con estrema difficoltà.

Il 1948 lo vide stabilire, assieme a Maner Lualdi, il record mondiale di distanza da Udine a Massaua a bordo del «Grifo» Ambrosini motorizzato Alfa Romeo mentre l’anno successivo, i due – sempre con il Grifo – effettuarono la traversata atlantica da Milano a Buenos Aires; per l’occasione l’aereo venne soprannominato «L’Angelo dei bimbi» e l’impresa servì a raccogliere fondi per i mutilatini di Don Gnocchi.

Maner Lualdi (1912-1968), giornalista e aviatore, doveva la sua vena artistica al padre Adriano, direttore d’orchestra; fu prima redattore de La Stampa e poi de Il Corriere della Sera e riuscì ad abbinare la passione per la cloche con quella per la penna redigendo reportage e scrivendo libri sulle sue numerose imprese aviatorie.

Un altro tratto comune a Leonardo Bonzi fu la passione per il mondo dello spettacolo che lo vide avvicinarsi – in modo ancora più eclettico – al teatro, all’opera lirica ed al cinema, portandolo a dirigere ed organizzare compagnie teatrali, rappresentando nuove opere e realizzando alcuni film.

Di alcune delle sue imprese in auto (Raid del 1952, ’53 e ’68) abbiamo scritto più su come pure di quelle aviatorie, condivise con l’amico Bonzi ma il suo tratto più caratteriale lo ha probabilmente colto Andrea Galli (*) che nell’articolo a lui dedicato fra l’altro scriveva: “Volava con la testa («Era insieme candido e sognatore») e con tutto il resto del corpo: infatti a bordo di aerei così minuti e fragili da sembrare canarini spauriti, domò il cielo e guardò dall’alto poli, oceani, continenti” mentre, nel confrontare i due personaggi di ciascuno di loro sottolineava “Gran fiuto per gli affari, Bonzi; impresario con spesso dolenti note di debiti, Lualdi. Che però si lanciò senza esitare nella direzione di teatri e soprattutto nel finanziamento degli spettacoli, chiamando a scrivere gli atti colleghi giornalisti come Barzini, Montanelli, Buzzati. Con il teatro Lualdi incassava mille lire e ne spendeva centomila. Un tipo generoso, appunto.”

E neppure scamparono all’interesse di Lualdi i dischi volanti; a causa infatti dell’avvistamento di uno di questi rosseggianti oggetti sopra l’aeroporto Forlanini di Linate, si interessò anche a questo fenomeno, scrivendo diversi articoli e curando la prefazione del libro «L’enigma dei dischi volanti» di Aimé Michel.

Giovanni Notaro

(*) http://archiviostorico.corriere.it/2009/ottobre/24/Lualdi_pilota_giornalista_viaggi_della_co_7_091024022.shtml

L’immagine della Matta con rimorchio impegnata in un guado è tratta dal sito

http://www.registroalfaromeomatta.it/PAGINE/Matte%20Ritrovate.htm, proveniente dall’archivio della Famiglia Bonzi

 

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