Lo studio di #unionepetrolifera «Lotta alle emissioni: diesel da assolvere» certifica il contributo dei veicoli diesel di ultima generazione nella lotta alle emissioni
Alcune evidenze:
- Auto: oggi una diesel «Euro6» emette il 95% in meno di NOx rispetto a una «Euro0» ed il 96% in meno di PM rispetto a un veicolo «Euro1».
- Trasporto pesante: un motore «Euro VI» produce emissioni 8 volte inferiori rispetto a uno omologato «Euro III».
- Primi due mesi 2019: al calo delle immatricolazioni di vetture diesel è corrisposto un aumento complessivo della CO2 media delle nuove auto vendute.
Secondo lo studio di cui al titolo oggi l’utilizzo del diesel di ultima generazione sarebbe, dati alla mano, fondamentale per raggiungere gli obiettivi di riduzione della CO2 previsti per il 2030, in modo socialmente ed economicamente sostenibile.
Sono queste le principali conclusioni dello studio di Unione Petrolifera, illustrato a Milano nel corso dell’evento di #FORUMAutoMotive (movimento di opinione sui temi legati alla mobilità a motore promosso dal giornalista Pierluigi Bonora).
Scopo del report è fare chiarezza sul tema motorizzazioni ed emissioni inquinanti, allo scopo di sfatare demagogie e pregiudizi nei confronti del diesel, sempre più spesso additato come la principale fonte dell’inquinamento urbano e delle emissioni climalteranti (GHG) con argomentazioni spesso non corrette che influenzano il dibattito pubblico e, in diversi casi, le scelte politiche in materia di mobilità.
Questi sono però risultati difficili da raggiungere quando decisioni sulla circolazione veicolare si basano su mancanza di approfondita conoscenza degli aspetti tecnici e, soprattutto, su demagogia e luoghi comuni e quindi tali decisioni, invece di favorire la protezione dell’ambiente, tendono ad allontanare il raggiungimento di tali obiettivi.
Punto di partenza dell’analisi firmata da Unione Petrolifera è la considerazione che il parco auto italiano è tra i più vetusti a livello europeo e ciò incide fortemente sui livelli delle emissioni: oltre la metà del circolante ha un’età superiore ai 10 anni, rispetto al 36-39% di Paesi come Francia, Germania o Regno Unito.
Lo studio #Doxa a #FORUMAutoMotive: “Italiani sempre più disorientati al momento dell’acquisto dell’auto. Aumenta la diffidenza nei confronti del diesel” sottolinea come gli Italiani siano, al momento della scelta dell’auto sempre più disorientati.
Le cause di questa situazione di incertezza risiedono:
- nelle indiscriminate campagne di demonizzazione contro il diesel;
- nelle sempre più frequenti limitazioni alla circolazione riguardanti le vetture a gasolio anche se di ultima generazione (Euro6);
- nella recente introduzione di incentivi per l’acquisto di vetture elettriche ma anche di disincentivi (sotto forma di sovratassa) all’acquisto di vetture ad emissioni progressivamente crescenti.
Di conseguenza il 71% dei potenziali acquirenti teme che acquistare un’auto a gasolio, sia pure di ultima generazione, porti ad un investimento spesso non utilizzabile a causa dei blocchi imposti dai Comuni mentre il 68% teme che le principali Case automobilistiche possano bloccarne a breve la produzione.
Sono stati questi alcuni dei principali dati e trend emersi dallo studio «Cittadini nel caos: quale motore scegliamo?», illustrato a #Milano da Barbara Galli, BU Director di Doxa, e realizzato in esclusiva per #FORUMAutoMotive, il movimento di opinione sui temi legati alla mobilità a motore, in occasione dell’evento «Tradizione vs #innovazione: lo scontro sui carburanti».
Lo studio alimenta l’osservatorio ONTHEMOVE di #Doxa sugli italiani e la mobilità, nato nel giugno 2017, e che conta già circa 17.000 interviste al suo attivo, oltre a un costante monitoraggio sulle conversazioni sul web.
Insomma la confusione regna sovrana, alimentata da norme locali basate spesso come prima sottolineato, su demagogia, luoghi comuni e ignoranza (nel senso di non conoscenza dei progressi raggiunti in tema di emissioni).
Quando si rilevano i dati dalle centraline, spesso si dimentica o non si tiene presente o non si vuole dimenticare che a tali dati concorrono le emissioni dovute al riscaldamento domestico (chi controlla le centrali termiche dei condomini ed il rispetto delle fasce orarie e delle temperature imposte/suggerite) e la dispersione nell’aria degli scarichi di aeromobili, di industrie e, ad esempio, nelle città di mare con porti importanti, degli scarichi provenienti da natanti di cabotaggio maggiore (pescherecci, traghetti, navi di linea, da crociera e da carico).
Riportiamo alcuni stralci – sintetizzati – tratti da:
https://www.bureauveritas.it/services+sheet/monitoraggio-emissioni-co2-settore-navale
Vale sottolineare che proprio per il settore del trasporto navale, solo ora si sta iniziando a studiare l’introduzione di norme di contenimento delle emissioni per i natanti di stazza superiore a 5.000 tonnellate grazie all’introduzione dall’agosto 2017 di verifiche EU UTS con Piani di Monitoraggio (documentazione completa e trasparente del metodo di monitoraggio delle emissioni di CO2 adottato da una compagnia navale per una determinata nave) implementato e verificato da un Organismo di certificazione accreditato.
Inoltre, da gennaio 2018, le Compagnie navali sono tenute a monitorare su base annua le emissioni di CO2 per ogni nave e per tratta percorsa con presentazione, entro il 30 aprile di ogni anno, alla Commissione e alle autorità degli Stati di bandiera di appartenenza, una relazione certificata sulle emissioni di CO2 e le altre informazioni pertinenti che riguardano l’intero periodo di riferimento per ogni nave sotto la loro responsabilità.
Quindi si parla di obbligo di monitoraggi e report ma NON di rispetto di regole in quanto queste ancora NON esistono tanto che:
evidenzia fra l’altro che:
Il trasporto marittimo è responsabile del 3% della CO2 totale – e le emissioni aumentano di anno in anno – tuttavia rimane uno dei pochi settori dell’economia globale a non avere obiettivi di riduzione delle emissioni.
L’Italia ha obiettivi troppo modesti in termini di riduzione delle emissioni inquinanti legate al trasporto marittimo.
Sono così poco ambiziosi che il nostro Paese è relegato al terzultimo posto, seguito solo da Cipro e Grecia, nella classifica dei paesi UE stilata da Transport & Environment, la Federazione Europea delle associazioni per la sostenibilità dei trasporti.
Quindi dare addosso all’untore ritenendo che questi sia, come al solito, l’automobile, significa prendersela come al solito con l’automobilista, da una parte vessato da tasse dirette e indirette sempre più consistenti e dall’altra preso «talvolta» in giro dall’applicazione indiscriminata di limitazioni ingiuste nei confronti delle auto più virtuose, ancorché diesel.
Tanto più che proprio questa motorizzazione pare essere ben apprezzata anche dal Ministro delle Infrastrutture Toninelli che, nel corso di un’intervista concessa pochissimi giorni fa alla brava Maria Leitner per la rubrica TG2 Motori, ha candidamente ammesso di aver acquistato una Jeep diesel, e questo dopo aver spinto – come partito – per l’introduzione del bonus malus sulle auto NUOVE più inquinanti senza peraltro parlare in contemporanea delle relative infrastrutture e senza invece destinare le risorse del bonus malus alla costituzione di incentivi per favorire la rottamazione delle auto più inquinanti dal nostro obsoleto parco circolante (così si incassano bolli da quest’ultime e bonus-malus dalle auto più virtuose).
Ulteriori commenti, proprio non servono…
[ Giovanni Notaro ]