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FCA che si fa?

Contraddizioni che fanno pensare: dai timori di smembramento all’annuncio di 22 nuovi modelli nei prossimi tre anni; dall’altalena nelle vendite alla cassa integrazione ed al miglioramento del rating e delle quotazioni in borsa

Tante contraddizioni: il da molti compianto Marchionne solo lo scorso giugno parlò di 45 miliardi di investimenti in cinque anni, un piano che, con i dovuti distinguo, ricordava negli annunci l’abortito piano Fabbrica Italia del 2011.

Il futuro dell’automotive si sta sempre più velocemente sganciando da diesel e benzina; tutti i grandi Gruppi stanno già da tempo attuando onerose riconversioni mentre FCA, per avendo annunciato l’abbandono del diesel entro il 2021, sta guardando all’elettrico ed all’ibrido, con un ritardo il cui recupero potrebbe richiedere sforzi e investimenti aggiuntivi rispetto alla concorrenza.

Una qualche insistenza hanno le voci di un graduale smembramento del Gruppo che, secondo alcuni, sarebbe già iniziato con la cessione della Magneti Marelli (che sarebbe stata utilissima al Gruppo in caso di elettrificazione della gamma) alla nipponica Calsonic Kansei per 6,2 miliardi di euro, 2 miliardi dei quali sono andati in dividendi, il che sembrerebbe al momento stonare con la volontà di investire anche se nulla impedisce di farlo un domani, a supporto di una strategia che spieghi più chiaramente all’uomo della strada la direzione che si intende intraprendere: o il Piano di investimenti oppure alleanze o dismissioni o anche un cocktail di tutte e tre le voci: si dismettono rami ritenuti non essenziali per reinvestire in settori ritenuti strategici e magari allearsi con chi potrebbe consentire di ridurre i ritardi rispetto all’elettrico.

Comunque le dichiarazioni confermano che la prossima generazione della 500X avrà il nuovo powertrain mild-hybrid con impianto a 12 volt cui seguirà la realizzazione di cinque nuovi motori elettrici da utilizzare su una vasta gamma di powertrain, dal mild-hybrid al full hybrid, dall’ibrido plug-in all’elettrico puro.

Quella delle alleanze, del resto, era secondo Marchionne una strada obbligata, come testimoniato dal progetto con Opel (osteggiato e inibito dalla Merkel) che sembrerebbe essere stato, sul fronte europeo, l’ultima vera spiaggia; al momento FCA porta in grembo uno sbilancio, in termini di produzione, tutto a favore della concorrenza europea e asiatica mentre va in questo campo molto meglio negli USA con Jeep e Ram Trucks, marchi su cui si sta investendo:

A questa situazione, che autorizzerebbe pessimismo di fondo, si contrappongono invece gli attuali accadimenti e, in parte, i piani non solo italiani:

In un piano di questo genere sembra non esserci più spazio, o perlomeno spazio strategico, per l’utilitaria, i cui margini di guadagno non riescono più a coprire i costi derivanti dall’applicazione delle sempre più stringenti normative sull’ambiente sui cui connesse ricerca e sviluppo FCA ha sinora investito assai meno rispetto agli altri competitors e, in prospettiva, veramente poco nell’elettrico (6 miliardi contro, ad esempio i 60 dell’alleanza Renault-Nissan-Mitsubishi ed i 50 (obtorto collo a causa del Dieselgate) di Volkswagen.

E questo porta a guardare al futuro della normativa che il Parlamento europeo vuole ancora più stringente nel 2025 e nel 2030: che farà in questo caso FCA?

Non sembra avere dubbi Fitch Ratings che lo scorso venerdì ha alzato il rating sul debito a lungo termine di FCA N.V. a Investment Grade, da «BB» a «BBB-» con outlook Stabile mentre il rating a breve termine è stato alzato da «B» a «F3».

Questa positiva valutazione, unita alla notizia dell’accordo tra Usa e Cina sui dazi ha dato una bella spinta in borsa a FCA e a Cnh Industrial in apertura di contrattazioni a Piazza Affari.

[ Giovanni Notaro ]

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