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Opel 500 Motoclub, una storia infinita

Prima che sulla recente GT Concept, Opel montò gli pneumatici rossi su una particolare motocicletta del 1928: vediamola più da vicino

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Un tempo non era difficile che una Casa automobilistica costruisse un po’ di tutto: Peugeot, Fiat ed Alfa Romeo – ma non solo queste – produssero in epoche diverse bici, motociclette ed auto ma anche, e spesso prima, utensileria, elettrodomestici ed articoli per la casa. Non sfuggì a questi usi neppure Adam Opel (il fondatore cui l’azienda ha dedicato l’omonima stilosa city-car) che proprio nel 1863 iniziò fabbricando macchine da cucire…

Il recente arrivo sulla scena automobilistica della bella Opel GT Concept, caratterizzata fra l’altro da pneumatici rossi anteriori – non molto tempo fa montati anche su una Toyota GT 86 elaborata da Marangoni – ci ha fatto ricordare la moto del nostro titolo.

Le origini

In Opel il passaggio dalle macchine da cucire prima alle biciclette e poi alle motociclette avvenne nel giro di pochi anni mentre, per arrivare alle quattro ruote, si dovette aspettare la fine del XIX secolo. In quel periodo la Casa di Russelhaim produsse auto su licenza prima di Luzmann e poi della francese Darraq ed il successo fu tale da far sospendere dal 1907 al 1913 la produzione di moto.

Fu, quello del 1913, un rientro non in grande stile poiché l’Opel realizzò un piccolo motore a scoppio da applicare alle biciclette; questa unità di soli 140 cc veniva venduta sia a parte e sia già montata su bici Opel dotate, insolitamente, di forcella anteriore a parallelogramma. Terminato il primo conflitto mondiale, la Casa riprese la produzione di queste bici motorizzate eliminando dalla sua offerta commerciale la vendita del motore a se stante.

Mentre la produzione di serie si basa sulla bici mossa dal propulsore da 140 cc, debutta in gara un motore maggiorato a 204 cc con raffreddamento ad acqua e 4 valvole in testa e comunque si dovrà attendere sino a fine 1923 per la realizzazione di un qualcosa a metà strada tra la bici motorizzata e la moto: in realtà si trattava sempre di una bici motorizzata con il medesimo monocilindrico da 140 cc, maggiorato a 148, ma posto però non più a lato della ruota posteriore ma al centro del telaio.

Poiché le buone idee sono sempre valide, Opel ha presentato nel 2012 (Salone di Ginevra) la bicicletta «RAD e» citando espressamente il primo periodo industriale di Opel e sottolineando che, nello scegliere di realizzare un telaio cavo in acciaio stampato, i progettisti si sono ispirati proprio alla Motoclub 500 del 1928.

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Il motore da 500 cc

La moto arrivò nel 1926 equipaggiata con un monocilindrico 4 tempi da 500 cc e distribuzione a valvole laterali subito sostituito da altro monocilindrico sempre da mezzo litro con testa e cilindro in ghisa ma questa volta superquadro (86×86 mm). Questa unità era disponibile in due versioni, una Turismo da 16 cv con valvole laterali e scarico singolo ed una Sport da 22 cv con valvole in testa e scarico doppio. A parte queste differenze, tutta la parte bassa del propulsore era identica in entrambe le versioni: accensione Bosch a magnete, carburatore Amal, biella ed albero motore montati su cuscinetti a rulli, lubrificazione a perdita con pompa dosatrice meccanica, frizione a bagno d’olio, e cambio Burman a tre marce.

Il telaio Neander

Quando si dice che il destino avvicina …: sempre nel 1926 Ernst Neuman-Neander, un brillante designer che nel ’24 aveva realizzato un telaio motociclistico in lega leggera, presenta al Salone di Berlino una moto con telaio sempre in lega leggera ma con motore di cilindrata ridotta (un Villiers a due tempi); l’anno successivo ne utilizza uno di maggiore cilindrata mentre il telaio, sino ad allora in lega leggera, viene sostituito da un altro caratterizzato da una struttura monotrave realizzata in profilati metallici e scatolature ai fini di una maggiore rigidità.

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Questo telaio riceve un doppio trattamento galvanico sia per combattere la ruggine e sia per evitare in questo modo la fase di verniciatura.

Il gruppo sospensivo anteriore era, per quei tempi, del tutto innovativo visto che la forcella, pur essendo rigida, era infulcrata su un perno orizzontale posto in avanti rispetto al manubrio, mentre due balestrine laterali, dissimulate all’interno di due carter verticali posti su ciascun lato della forcella, ne controllavano le oscillazioni.

Arriva Opel

La validità del telaio permise di accogliere, con modifiche di poco conto, svariati tipi di motori: dai piccoli monocilindrici Villiers a due tempi agli svizzeri MAG con cilindrate variabili da 350 a 1.000 cc a dimostrazione che il telaio progettato da Neander fu il primo «modulare» della storia delle due ruote.

A questo punto entrò in gioco la Opel che rilevò da Neander il progetto della Motoclub e adattandolo, con pochissime modifiche, alle proprie esigenze.

Una peculiarità di questa moto era la sella che non solo era ribaltabile per permettere di accedere al tappo del serbatoio olio, ma era anche montata su due molle a balestra ed era inoltre gonfiabile per un migliore comfort del pilota.

Altra particolarità era costituita dal colore, rosso, degli pneumatici da 26” x 3,50, montati su ruote a raggi da 19” con canale in acciaio. Il cambio a tre rapporti era un Burman, nonostante la fusione del suo carter riportava la scritta Opel. Il circuito di lubrificazione, con dosatore, era del tipo a perdita con serbatoio separato mentre la trasmissione era a catena che, racchiusa in un carter, veniva lubrificata direttamente dall’olio motore, mentre magnete e dinamo provvedevano all’accensione ed all’alimentazione dell’impianto elettrico. Freni a tamburo e forcella anteriore pendolare con elementi elastici a balestra completano il quadro. La velocità massima è di 100 km/h per la versione turismo e 120 per la Sport.

La produzione Opel era parallela a quella Neander: le due moto si differenziano solamente per il motore ed i differenti fregi dei marchi.

Le curiosità

Poiché Fritz von Opel era un convinto assertore della validità delle imprese sportive come traino alle vendite, venne deciso di equipaggiare una versione Sport della Motoclub con 6 razzi Sander a combustibile solido montati tre a tre ai lati della ruota posteriore opportunamente schermata, per battere il record mondiale di velocità per motocicli; si riteneva che la Motoclub 500 così equipaggiata, fosse in grado di superare ampiamente i 200 km/h. Esposta al Salone di Berlino del 1928 dove suscitò parecchio interesse, la moto in questa configurazione in realtà – data la sua pericolosità – non percorse neanche un metro di prova su percorsi aperti al pubblico, ma solamente qualche giro di collaudo sulla pista dell’Avus del ’28. Chi trasse ispirazione da quest’idea un po’ folle fu un privato che equipaggiò la sua Motoclub Turismo con ben 14 razzi. Poiché il fenomeno stava prendendo piede il Governo tedesco vietò questo tipo di propulsione eliminando così ogni velleità di questo tipo.

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Un anno dopo, a fine 1929, Fritz von Opel cedette l’80% delle azioni alla General Motors che nel 1930 rilevò anche il restante 20%; lo stesso anno il settore due ruote fu definitivamente abbandonato.

Altra curiosità, che abbiamo lasciato per ultima, riguarda proprio l’origine del colore delle ruote: poiché Opel voleva, per la sua moto, un lancio in grande stile, un evento che potesse far colpo sull’immaginario collettivo di allora organizzò, in occasione dell’Expo del 1929, un viaggio Russelheim-Barcellona con una flotta di moto, tutte provviste di pneumatici rossi. Vale comunque ricordare che, come le immagini evidenziano, la cromia della Motoclub 500 verteva solamente sul color alluminio e sul rosso che, oltre che per le ruote, era stato adottato anche per la sella e per le manopole del manubrio.

Il raid ebbe grande risonanza ma, malgrado le positive premesse e la bontà del prodotto, la crisi del ’29 indusse Opel ad abbandonare il settore delle due ruote per concentrarsi sulle auto; la Motoclub 500 cadde nell’oblio, finché qualcuno non pensò di riprendere l’idea ed applicarla all’avantreno della GT Concept.

Il resto è cronaca.

[ Giovanni Notaro ]