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Veloce come il vento…

Bella pellicola sulle corse e non solo: azione e umanità, miseria e riscatto permeano un racconto magistralmente interpretato non solo da alcuni ma da tutti i personaggi che lo animano. Protagonista anche la gloriosa Peugeot 205 T 16

il film veloce come il vento

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Un film all’italiana di ultima generazione, quindi adrenalinico ma crudo, poetico e profondo; qualcuno l’ha paragonato a «Lo chiamavano Jeeg Robot» ed il paragone ci sta tutto se si guarda alla natura delle piaghe della società di oggi ed alla perdita dei valori e di se stessi e questo ci porta alle figure centrali del film: la prima è quella di Loris – fratello sbandato e drogato della protagonista Giulia De Martino –  i cui panni sono vestiti da Stefano Accorsi (http://www.mymovies.it/biografia/?a=13304), mentre la seconda non meno importante, è quella di Carlo Capone che aleggia in sottofondo e la cui storia meteoritica ha ispirato il film ed ha segnato tanto profondamente quanto brevemente il rallismo italiano degli anni ’80 del secolo scorso; poi la morte della figlia di pochi mesi, la depressione – dalla quale non è mai uscito – e l’oblio, sua attuale e più grande prigione.

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Già: perché sceneggiatura e regia, ispirandosi molto liberamente a Capone (che peraltro in un certo periodo della sua vita ha effettivamente fatto da trainer ad un giovane appassionato di rally), hanno saputo mixare sapientemente la miseria del fratello drogato ma anche la sua scintilla vitale e la sua combattuta voglia di riconquista di ruolo, di affetto e di riscatto e ci ha portato sulle piste del Campionato italiano GT per mostrarci tanto l’aspetto più cinico del mondo delle corse quanto quello della passione e della generosità, quella del vecchio meccanico che potremmo definire di famiglia, magnificamente tratteggiata da Paolo Graziosi (http://www.mymovies.it/biografia/?a=1308) ed ovviamente quella di Loris: mai visto un disperato più convincente e conscio di una condizione che gli farà ad un certo punto dire “oh, guarda che disperati veri siam rimasti in pochi”.

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Quasi a pari merito c’è la sorella Giulia, interpretata dall’esordiente Matilda De Angelis (http://www.mymovies.it/biografia/?a=207089) che è costretta ad essere più grande della sua età e trasmette di volta in volta grinta, tenerezza, disperazione e, in modo completamente diverso da Loris, tanta voglia di riscatto da una vita difficile: madre fuggita all’estero, casa ipotecata, padre colpito da infarto durante una sua gara e conseguente, forzata convivenza con il fratello drogato e relativa compagna più persa di lui. Bisogna dire che lo sceneggiatore ha caricato un bel fardello sulle spalle della ragazza ma questo in effetti serviva per far andare il racconto nel senso voluto.

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Impressionante poi Roberta Mattei (http://www.mymovies.it/biografia/?a=203430) nei panni di Annarella, la donna che, drogata come lui, abbandonerà Loris in quanto incapace di stare dietro alla sua pur sbandata voglia di riscatto.

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Altra grande protagonista del film è Matera, dove si svolge l’«Italian race» (titolo del film all’estero ma, nella pellicola, nome attribuito ad una corsa clandestina). Il finale poi non è così scontato come tutto farebbe fino a poco prima supporre e quindi un bravo a tutti, compresa la Peugeot che ha prestato il nove volte Campione italiano Andreucci per la guida acrobatica della gloriosa 205 T 16 e non solo.

Paolo Andreucci, 9 volte Campione italiano di rally e pilota ufficiale di Peugeot Sport Italia con Stefano Accorsi, brand ambassador della Casa del Leone

Paolo Andreucci, 9 volte Campione italiano di rally e pilota ufficiale di Peugeot Sport Italia con Stefano Accorsi, brand ambassador della Casa del Leone e protagonista del film

Non resta che augurare a tutti buona visione non solo del film ma anche di questi trailer:

e della Peugeot 205 Turbo 16:

 

Ed ora ricordiamo qualcosa di Carlo Capone

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Lo abbiamo già visto: è un uomo con una storia triste; piemontese – mentre il Loris del film è emiliano, forse perché il dialetto è meno riservato e di presa più immediata – inizia con il Campionato monomarca A112 Abarth in cui arriva, per ordini di scuderia, secondo dietro Fabrizio Tabaton. Questa costrizione – che inizierà a segnarlo – gli assicura però un volante ufficiale su una Ritmo Gruppo 2 con cui vincerà il titolo di Gruppo A nel 1982.

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Nel 1983 passa alla Lancia 037 (navigatore Sergio Cresto) di una scuderia satellite della Lancia ed a metà Campionato europeo è in testa alle classifiche ma Cesare Fiorio, Direttore sportivo Lancia, gli preferisce il velocissimo finlandese Henri Toivonen, da affiancare a Markku Alén. Capone, amareggiato, non digerisce il fatto e si lascia andare a dichiarazioni polemiche nei confronti della Casa torinese che accusa senza mezzi termini di non sostenerlo come meriterebbe.

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Ciononostante, e benché il rapporto con la Lancia fosse incrinato, Capone nel 1984 vinse il Campionato Europeo, battendo proprio Toivonen che, molto sportivamente, riconobbe pubblicamente il valore del pilota italiano che, oltretutto, correva con una 037 non ufficiale.

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Capone a questo punto commette il secondo errore di lesa maestà rilasciando nuove dichiarazioni polemiche nei confronti della Lancia e minacciando di firmare con il team Rothmans ed è la fine di tutto: Capone viene marchiato come pilota «difficile», non trova più ingaggi e, ancor più rapidamente di come è emerso, sparisce dalla scena.

Dopo la tragica morte della figlia di pochi mesi nel 1984, il 1985 è segnato dalla mancanza di ingaggi e dalla separazione dalla moglie. Il morale ne esce a pezzi e Capone – preda della depressione – finisce nella Residenza Anni Azzurri a Tonengo, nell’Astigiano, assieme alla madre oggi novantenne.

Uno dei pochissimi, se non il solo, che lo va ogni tanto a trovare è il suo ex navigatore Canova.

[ Giovanni Notaro ]