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BMW: cento anni ben spesi

Dalle due alle quattro ruote, dai motori aeronautici al 100% elettrico, il tutto condito da sport, eleganza e innovazione

F12 BMW100 03 016Molto o poco ma tutti hanno scritto sui 100 anni BMW: oggi noi vogliamo approfondire la storia di questa grande Casa cui anche Porsche e Mercedes hanno giustamente formulato i loro auguri; un modo elegante per celebrare i primi 100 anni del marchio bavarese come elegante è il francobollo emesso dallo Zambia proprio per l’occasione.

Un ingegnere ed un motore aeronautico

Non tutti sanno che in realtà, e sia pur brevemente, Mercedes e BMW ebbero all’inizio un punto di contatto, rappresentato dalla figura di Max Friz, ingegnere del reparto competizioni della Stella. Questi, con l’avvento della prima guerra mondiale, si trovò a dover canalizzare il suo talento sul progetto di un motore aeronautico che concepì come un sei cilindri in linea e albero a camme in testa, funzionante a quote superiori ai 5.000 metri.

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Della produzione venne incaricata la consociata austriaca Austro-Daimler che girò tale compito alla licenziataria bavarese Rapp Motorenwerke; Friz seguì le sorti del suo motore e realizzò un primo prototipo che suscitò immediatamente l’interesse del governo prussiano che ne ordinò 600.

A quel punto, complice un cambiamento nella proprietà dell’azienda, la ragione sociale mutò nel luglio 1917 da Rapp Motorenwerke in Bayerische Motoren Werke GmbH il cui marchio divenne quello oggi universalmente conosciuto che, fino al 1918, fregiò tali motori.

Dai motori per l’aviazione alle motociclette (e un italiano entra nel capitale)

Nell’agosto 1918 la Bayerische Motoren Werke GmbH si trasformò in società per azioni (AG) con un capitale sociale di 12 milioni di marchi tedeschi, sottoscritto al 33% dall’italiano Camillo Castiglioni.

Al termine del conflitto, il Regno di Baviera venne accorpato alla Repubblica di Weimar, alla quale, in conseguenza dei patti di Versailles del 1919, fu proibita la costruzione di aerei, costringendo la neonata BMW SpA a cercare nuovi sbocchi, individuati nei settori motociclistico e nautico.

1928: inizia l’avventura a quattro ruote – 1939 arriva la guerra

Le prime auto a marchio BMW furono delle piccole Austin Seven prodotte su licenza dalla Dixi-Werke di Eisenach acquistata nel 1928 dalla BMW che, dal ’29 al 1932 le produsse con proprio marchio; in pochi anni si arrivò comunque alla progettazione e produzione di auto più sofisticate come la 303 (1933) e la 309; quest’ultima debuttò nel 1934 un anno estremamente prolifico che vide nascere anche la 315 (in sostituzione della 303) e la bella spyder 315/1 la prima vera sportiva BMW. Da lì sino al 1939, anno tristemente famoso, arrivarono la 326 (1936), una bella media a 6 cilindri di 2 litri di cilindrata e nel 1938 la 327 Sport-Coupé sempre a 6 cilindri e proposta anche in versione aperta.

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Nel 1940, a ostilità iniziate, la BMW vince con una 328 berlinetta aerodinamica la Mille Miglia che quell’anno si corse su un percorso che il grande Giovanni Lurani definì «bellico» (*) in quanto ridotto al triangolo Brescia-Cremona-Mantova.

Durante la seconda guerra mondiale le fabbriche di Eisenach, Abteroda, Neunkirchen ed Allach vennero convertite alla produzione di veicoli militari sia a due che quattro ruote come la celebre motocarrozzetta R 75 o una pesante derivazione a trazione integrale e quattro ruote sterzanti della BMW 325.

La fine della guerra comporta il disarmo della Germania, lo smantellamento di ciò che restava dell’industria bellica e la divisione della nazione nelle due parti che sarebbero successivamente diventate Germania Ovest ed Est; la nuova situazione comportò inevitabilmente la perdita degli stabilimenti BMW finiti sotto il controllo delle autorità sovietiche che fecero unilateralmente avviare la produzione della 321 e della 326 – a tutti gli effetti BMW anteguerra – nello stabilimento di Eisenach con il conseguente avvio di una vertenza legale il cui esito obbligò la parte russa a dare, se non altro, diverso marchio (EMW – Eisenacher Motorwerke) a fabbrica ed auto.

La ripresa della produzione automobilistica, l’accordo con la Glas ed il tentativo della Mercedes

Nei primi anni cinquanta la BMW trasferì con grande difficoltà, il settore autovetture a Monaco dove produsse la 502 e la 503 senza ottenere il successo sperato tanto da sospendere la produzione dei modelli di fascia alta compresa la bellissima 507 roadster il cui prototipo debuttò al Salone di Francoforte del 1957.

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L’auto venne prodotta in soli 254 esemplari sino al 1959 e indubbiamente segnò un punto importante nella storia della tecnica motoristica in quanto ospitò il primo motore interamente in lega leggera mai prodotto prima, per la cronaca un V8 da 3,2 litri e 150 cv.

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La BMW ripiegò quindi sull’italiana Iso Isetta di cui BMW acquistò la licenza dalla Iso delusa dal mancato successo di vendite; in Germania la vetturetta con il marchio BMW fece registrare volumi buoni ma non risolutivi tanto che la Casa bavarese nel 1959 fu oggetto di un tentativo di acquisizione da parte della Mercedes, non andato a buon fine grazie all’intervento del magnate tedesco Herbert Quandt che, già azionista, aumento la propria partecipazione sino a divenire l’azionista di riferimento passando poi il controllo agli eredi che tuttora controllano l’azienda.

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Tranquilla sotto il profilo patrimoniale, l’azienda lanciò con grande successo prima la piccola BMW 700 poi la BMW 1500 e poco dopo la Serie 02.  Da quel momento in poi la Casa si espanse sia con un nuovo stabilimento e sia attraverso l’acquisizione della Glas, e relativo stabilimento di Dingolfing. Gli accordi prevedevano la prosecuzione della costruzione di autovetture, in realtà scocche complete con meccanica e marchio BMW.

Dopo un paio di tentativi (BMW-Glas 1600 GT e Glas 3000 V8) l’accordo relativo al doppio marchio cessò di esistere e lo stabilimento di Dingolfing divenne proprietà BMW.

Nel 1962 e nel 1965 arrivarono la 1500 berlina e la Coupé 2000 C E CS carrozzata da Karmann mentre nel ’66 debutta la serie 02 seguita nel ’68 dalla Serie E3 la prima ammiraglia del dopoguerra.

Dagli anni ’70 ad oggi: di successo in successo

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Nel decennio ’70-’80 la BMW crebbe sino ad assumere importanza a livello mondiale grazie alle fortunatissime serie 3, 5 e 6; inizia la costruzione della galassia BMW con la costituzione della BMW Motorsport, divisione sportiva della Casa (la BMW 3.0 CSL vinse dal 1973 al 1979 sei campionati europei turismo) e della Alpina, marchio dedicato all’allestimento di BMW più ricche e potenti, in pratica un «tailor made».

Gli anni ’80-’90 videro l’arrivo della seconda generazione della serie 3, l’avventura in Formula 1 con la Brabham (il 4 cilindri turbo da 1,5 litri della Casa bavarese erogava circa 800 cv con punte di 1.000 cv da utilizzare per pochi secondi in occasione delle qualifiche), il lancio della roadster Z1 con gli sportelli discendenti e l’inserimento a listino – per la prima volta – di una vettura siglata «M» ossia la M3 (E30).

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Altro debutto importante, anche se di segno radicalmente opposto, fu quello della Serie 3 Touring che rappresentò il debutto della Casa bavarese nel mondo delle Station-Wagon; nel 1989 arriva anche il primo dodici cilindri made in Bavaria, montato sull’opulenta coupé Serie 8 (E31).

Gli anni  dal ‘90 agli inizi del nuovo millennio sono quelli delle acquisizioni: nel 1994 quella del Gruppo Rover (di cui BMW trattenne solo Mini) e nel 2003 della Rolls Royce mentre nel 2006 sigla un accordo di collaborazione con il gruppo PSA per lo sviluppo di motori a benzina destinati alla Mini e ad alcuni modelli Peugeot.

Ma sono anche gli anni che vedono il debutto nel ’94 di due opposti: da una parte la Serie 3 Compact, una nuova tipologia di auto compatta, sportiva e a 3 porte e dall’altra la terza generazione della Serie 7, seguite nel 1996 dalla sportiva roadster Z3 e nel 1998 dalla Z3 coupé.

Il passaggio dallo scorso a questo secolo vede l’arrivo, nel 2003, dell’imponente Serie 6 (E63) Coupé e poi il rinnovamento di tutte le gamme a listino sino all’introduzione lo scorso anno della bellissima coupé ibrida I8 e dell’elettrica i3.

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Da non dimenticare poi l’altra storia di successo rappresentata dal settore motociclette (nato nel 1923) e da quello degli scooter.

Molti sono stati i designer che hanno legato il loro nome alla BMW, fra gli altri Albrecht Graf Goertz, Paul Bracq, Klaus Luthe e gli italiani Giorgetto Giugiaro, Ercole Spada e Giovanni Michelotti senza peraltro dimenticare l’americano Chris Bangle che costituì l’elemento di rottura fra la tradizionale immagine BMW, tutta teutonica sostanza anche nell’apparire, ed un’immagine di rottura, più moderna, dinamica ma anche aspramente criticata dalla parte più conservatrice del management e della clientela. Il tempo però gli diede ragione, anche dopo la sua uscita dalla BMW che da allora seppe fondere nelle sue auto imponenza e dinamismo estetico.

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Vale anche ricordare l’orientamento al futuro con le auto ad idrogeno, il progetto «i», che finora ha portato alle appena citate elettrica i3 ed ibrida i8, il sistema di guida autonoma, il concept Vision Next 100 che, tramite la sua intelligenza digitale trasforma il guidatore in «Ultimate Driver» grazie anche all’«Alive Geometry» che provvede all’interazione intuitiva tra guidatore e vettura.

[ Giovanni Notaro ]

(*) cfr «La storia della Mille Miglia», Giovanni Lurani, De Agostini 1979